Deniz Yucel nel bavaglio di Erdogan

Chi vuole capire e essere informato, in maniera seria, pulita e fedele, su quanto accade in Turchia, negli ultimi anni sa di trovare quello che cerca nella penna di Deniz Yucel.
Corrispondente dalla Turchia per il giornale Die Welt, classe 1973, nato in Germania da emigranti turchi. La sua ultima inchiesta riguardava i rapporti tra un gruppo di hacker turchi e il ministro dell’energia, Berat Albayrak, genero del Presidente Tayyip Erdogan. I pirati informatici, noti con il nome di RedHack, avevano svelato alcune email nelle quali si parlava di provvedimenti e misure restrittive su media e comunicazione. Quello che veniva alla luce era una fitta rete di controlli sui gruppi editoriali e la creazione di utenti fake su Twitter, con lo scopo di indirizzare e influenzare l’opinione pubblica.

Yucel ha parlato di tutto questo nei suoi articoli. L’accusa è di partecipazione a “organizzazione sovversiva, di uso improprio di dati, e di propaganda a favore di un’organizzazione terroristica”. Fotografie, documenti e appunti sono stati sequestrati, la casa è stata perquisita, Deniz Yucel invece si era presentato spontaneamente alla polizia per dare e chiedere spiegazioni sulle accuse. È finito in cella e insieme a lui, per lo stesso caso, altri sei giornalisti e report turchi.

La vicenda del giornalista turco-tedesco è solo l’ultimo capitolo, in ordine di tempo, della storia, nera, della libertà di stampa in Turchia. Una guerra furiosa combattuta da Erdogan a colpi di accuse, arresti e chiusure. Sono circa 170 (tra siti oscurati, televisioni private, giornali) i media messi a tacere, oltre 100 i processi contro giornalisti e cronisti, ma anche magistrati, professori, intellettuali. In un crescendo di violenze e minacce che si è inasprito dopo il fallito golpe del 15 luglio scorso.
Migliaia le azioni di solidarietà dal mondo dell’informazione, ferma l’accusa da parte della cancelliere tedesca Angela Merkel sul caso Yucel: “Ci impegneremo ancora affinché a Deniz venga riservato un procedimento equo e rispettoso dello stato di diritto, e speriamo che gli venga presto restituita la libertà. Si tratta di una misura dura in maniera sproporzionata, a maggior ragione considerando che il giornalista si è presentato di sua volontà alle autorità turche. La giustizia rispetto il valore della libertà di stampa che deve esserci in ogni società democratica”.

di Lamberto Rinaldi

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