Dalla fuga dei cervelli ai cervelli in fuga

Anche il 2018, oramai giunto al termine, ha confermato un trend che ha negativamente caratterizzato gli ultimi anni di storia del nostro paese, e dimostrato come il fenomeno della “fuga di cervelli” non solo non si sia arrestato, ma sia addirittura in netta crescita. Il 2017, secondo i dati Istat, ha visto un incremento del fenomeno del 4% rispetto al 2016, mentre sono oltre 244 mila i giovani che, negli ultimi cinque anni, hanno lasciato il paese in cerca di un futuro migliore.

A lasciarci, ovviamente, sono principalmente giovani sotto i 25 anni di età con un titolo di studio medio-alto (156 mila tra diplomati e laureati, il 64% del numero totale), alla ricerca di opportunità professionali inesistenti nel belpaese a causa dell’andamento negativo del mercato del lavoro interno. E se, da un lato, preoccupa l’emorragia inarrestabile di cervelli, non meno preoccupazione destano le sorti di chi, invece, rimane. I recenti fatti di cronaca, la tragedia avvenuta presso la discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo prima fra tutte, hanno infatti riacceso il dibattito sui giovani di oggi, e sui principi sui quali si basa la loro (dis)educazione.

La vicenda, da questo punto di vista, ci offre innumerevoli spunti di riflessione: una discoteca piena (a quanto sembra il numero di presenti era di gran lunga superiore a quello consentito, questo è uno dei punti chiave delle indagini in corso e che hanno portato all’iscrizione sul registro degli indagati 10 persone) di ragazzini in età puberale o poco più accorsi (avallati da genitori disposti a passare la serata in macchina ad aspettarli pur di accontentarli) ad assistere al concerto di uno dei fenomeni del momento, un “artista” dai contenuti discutibili e dai testi volgarmente espliciti che inneggiano al consumismo, che propongono come unico scopo da perseguire il successo economico ad ogni costo, che suggeriscono l’idea della donna come un oggetto di piacere da usare e poi gettare. Ragazzini pronti a idolatrare personaggi che propongono modelli di vita facile, dove il successo non è legato all’impegno e alle capacità, modelli di vita in cui contano solo l’immagine e l’apparenza. Quegli stessi ragazzini troppo spesso autori di atti di bullismo, quegli stessi ragazzini figli di genitori inadeguati.

Sul caso di Corinaldo si è pronunciato anche Paolo Crepet, noto psichiatra che da anni denuncia la deriva delle famiglie a cui stiamo assistendo, con genitori incapaci di essere genitori, complici anziché guide dei propri figli. Lo psichiatra ha ravvisato delle responsabilità negli artisti che propongono determinati modelli e stili di vita (esaltazione della droga, di stili di vita disordinati e incentrati sulla ricerca della soddisfazione facile), ma anche e soprattutto nei genitori, che definisce tali ”solo sul piano teorico, perché totalmente incapaci di gestire il proprio ruolo e la loro essenziale funzione educativa”. Crepet, duramente attaccato per la posizione presa contro i cantanti trap, ha risposto a chi lo ha accusato che “se il cantante trap è libero di dire che drogarsi è bello, se le case discografiche sono libere di pubblicare i trap, se i genitori sono liberi di portare i figli ai loro concerti, mi pare che ormai ci sia ben poco da fare, se non rassegnarsi all’idea che drogarsi sia normale, ubriacarsi idem, fare sesso a dodici anni sia la cosa più ovvia del mondo”.

E, se questa è la realtà, non resta che domandarsi se oggi la vera emergenza sia la fuga dei cervelli o, piuttosto, i tanti, troppi cervelli in fuga.

di Leandra Gallinella