Papa e aborto: lettera aperta di Dacia Maraini

Parole dure quelle usate dal Papa nel corso dell’udienza generale tenutasi lo scorso mercoledì 10 ottobre, durante la quale, in riferimento al Quinto Comandamento, non uccidere, si è nuovamente scagliato contro l’aborto, sostenendo che “un approccio contraddittorio consente la soppressione della vita umana nel grembo materno in nome della salvaguardia di altri diritti”, e definendo la pratica dell’aborto come “affittare un sicario per risolvere un problema”.

In particolare il Santo Padre ha condannato il cosiddetto “aborto terapeutico”, l’interruzione volontaria di gravidanza praticata su embrioni malati o che presentino disabilità, poiché ogni creatura, anche malata, è un dono di Dio, “ed è proprio nella sua vulnerabilità la chiave di salvezza dall’egocentrismo, per riscoprire le gioie dell’amore”; scegliere di rinunciarvi significa “farne fuori uno”, e rifiutare così la vita stessa, che deve essere difesa e celebrata. La sua presa di posizione così drastica (che ricalca i toni utilizzati lo scorso giugno nell’ambito del Forum delle famiglie, nel corso del quale ha dichiarato che oggi viene operata la stessa selezione della razza che operavano i nazisti, ma “con i guanti bianchi, perché di moda”) ha immediatamente suscitato reazioni, prima fra tutte quella della scrittrice Dacia Maraini, che ha affidato le sue parole di protesta alla 27esimaora, blog de “Il Corriere della Sera”.

In una accorata lettera la scrittrice, che si dice “stupita e rattristata delle parole del Papa”, condanna profondamente la sua posizione, rivendicando il diritto delle donne di poter prendere questa decisione, così difficile e dolorosa, senza per questo essere demonizzate o condannate. “Nessuna donna ha piacere di abortire”, si legge nella lettera; “se lo fa è perché è costretta da tante ragioni dolorose che lei dovrebbe conoscere, vista la grande e generosa capacità di ascolto e di comprensione che ha sempre dimostrato”. “Ho sempre pensato che la libertà di aborto sia una libertà dolorosa e autolesionista”…“eppure mi sono battuta, con migliaia di altre donne, per la legge”. Legge che, nel 1978, ha definitivamente depenalizzato l’aborto stesso, regolamentandone le modalità di attuazione; paradossalmente, da allora, la percentuale di donne che ne hanno fatto ricorso è via via diminuita, tornando a salire soltanto adesso poiché “vi ricorrono le migranti, che spesso non hanno gli strumenti culturali e sanitari per prevenire una gravidanza non voluta”.

La soluzione, continua la scrittrice, non è nella condanna di chi, dolorosamente, opta per questa soluzione, ma nella “costruzione, lenta, faticosa, umana, civile, di una cultura della maternità responsabile”. Senza dubbio la questione dell’aborto è una questione che deve essere affrontata sotto ogni punto di vista; etico, morale, culturale, religioso. Ma, come la stessa Dacia Maraini auspica, soprattutto deve essere affrontata con grande rispetto, comprensione e sensibilità per chi, per le più diverse motivazioni, si trovi costretta ad una così dolorosa decisione. Rispetto, comprensione e sensibilità che ci si aspetterebbe di trovare in chi dell’amore per il prossimo e del perdono ha fatto una scelta di vita.

di Leandra Gallinella

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