Antemio e l’ultima battaglia dell’Impero d’Occidente

La metà del V secolo rappresenta un periodo cruciale nella storia dell’Impero Romano d’Occidente. Nel 455, infatti, oltre a non avere più una guida militare forte, l’impero non aveva più un imperatore: l’ultimo esponente della dinastia teodosiana occidentale, Valentiniano III, viene ucciso nel Campo Marzio a seguito di una congiura. Costui, mesi prima, si era reso responsabile dell’eliminazione dell’uomo forte che aveva respinto la minaccia unna, il generale Ezio.
Nello stesso anno i Vandali di Genserico saccheggiano l’Urbe.
Costoro, impiantatisi nella provincia africana intorno al 430, costituivano una seria minaccia per l’impero e per il rifornimento di grano verso Roma.
Tra il 457 e il 461 Maggioriano tentò di risolvere i vari problemi che affliggevano l’impero senza però riuscirci: fu eliminato dal suo rivale e prima amico, il magister militum barbaro Ricimero. Costui sarà il protagonista, il regista occulto delle vicende dell’ultimo periodo di vita dell’Impero d’Occidente, governando dapprima attraverso un imperatore fantoccio, nulla più che un burattino nelle sue mani, il facoltoso patrizio Libio Severo, in carica dal 461 al 465, finché Ricimero non decise di sbarazzarsene, forse avvelenandolo. Per due anni la sede imperiale restò vuota, finché l’imperatore d’Oriente Leone I inviò in Occidente Antemio, illustre esponente della corte di Costantinopoli, già tenuto in gran considerazione dal precedente imperatore Marciano.
Antemio venne acclamato a Roma nel 467, città che scelse come sua sede, preferendola a Ravenna, la capitale ufficiale.
Il suo primo obiettivo consisteva nel voler strappare ai Vandali il controllo dell’Africa, riportandola sotto il giogo di Roma.
Riuscì nel tentativo di ottenere la collaborazione dell’Impero d’Oriente e per la prima volta dopo tanto tempo, le due parti si unirono per uno stesso fine.
Fu una delle più grandi e più costose operazioni militari, con in campo più di mille navi e centomila soldati.
La spedizione, guidata da Marcellino, Eraclio di Edessa e dal generale d’Oriente Basilisco, ottenne primi successi in Sardegna e in Libia, che i primi due riconquistarono con relativa facilità. Basilisco gettò le ancore a largo di Cartagine e concesse a Genserico i cinque giorni da lui richiesti per stabilire le condizioni della pace.
Genserico, tuttavia, utilizzò il tempo datogli per allestire delle navi incendiare con cui infine distrusse la flotta romana ancorata a largo della costa, comandata da Basilisco stesso.
Le fonti antiche tendono a considerare Basilisco un traditore, che accettò il denaro vandalo per far fallire la spedizione. Dietro Basilisco, comunque, sembra esserci stata la volontà del potente magister militum orientale, il barbaro Aspar, che temeva che Leone I avrebbe assunto un tale prestigio dall’esito positivo delle operazioni contro i Vandali, che in breve tempo si sarebbe sbarazzato di lui.
In realtà il presunto tradimento di Basilisco e Aspar non è oggi accertato e viene tendenzialmente escluso.
Resta comunque il fatto che il fallimento della spedizione portò ad un rapido tracollo della situazione in Occidente: Marcellino, abile generale, venne assassinato in Sicilia su istigazione di Ricimero e questo entrò subito in guerra con Antemio. Nel 472, dopo due anni di ostilità, Ricimero ebbe la meglio e Antemio, ultimo abile imperatore d’Occidente, fu eliminato. Lo stesso Ricimero perì di lì a poco, gettando in un inesorabile caos politico ciò che restava dell’impero d’Occidente.
di Fabio Scatolini
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