Ora pro nobis. Il Teschio con le orecchie di Santa Luciella, Napoli.

Eravamo bambini. Mia nonna batteva con l’attizzatoio sulla legna accesa del camino e dal fuoco faceva uscire scintille: noi le chiamavamo “falistre”, ma lei le chiamava “Monachine”. E mentre le scintille salivano verso il comignolo recitava una filastrocca: “ Monachine, monachine belle, andate forse a riveder le stelle?”. Le monachine, minutissime, incandescenti, che staccandosi dalle braci si spengono rapidamente salendo al cielo, nel nome innescano un pensiero religioso e rimandano alle preghiere : incorporee, evanescenti, brevi come i desideri.
Dove vanno a finire le preghiere? Chi smista le incalcolabili richieste che ad ogni ora del giorno e della notte il cuore devoto del mondo fa salire al cielo?
Per essere sicuri che almeno una -tra milioni di preghiere- non si spenga come una scintilla di fuoco ma arrivi a destinazione, serve una raccomandazione, una spinta, qualcuno che interceda, di solito un Santo. A Napoli, una città che coi morti ci ragiona, più che scomodare i santi ci si affida alle “capuzzelle”, i teschi dei morti senza nome che stazionano da tempo immemorabile in Purgatorio e hanno nelle cure dei fedeli l’unica possibiltà di scalare il Paradiso. Tra il popolo napoletano e le capuzzelle esiste un rapporto familiare, confidenziale, a metà tra fede e paganesimo: il vivo prega per il morto, in cambio il morto intercede per il vivo, nella convinzione che le anime delle ossa soggette al culto possano tornare tra i vivi e compiere azioni di grazia e giustizia. O anche solo portare fortuna, regalare i numeri al lotto.
Non tutte le capuzzelle sono uguali. Nei sotterranei della piccola chiesa di Santa Luciella, al numero 5 dell’omonimo vicolo, proprio dietro la famosissima via dei presepi, se ne conserva una speciale: il teschio con le orecchie. Leggendario, noto fin dal 1600, appoggia su un cornicione della cripta della chiesa: avendo le orecchie garantisce l’ascolto delle preghiere e le richieste di intercessione di questo mondo, può riportarle all’aldilà. La chiesa di Santa Luciella, fondata nel 1300, diventata nel ‘700 la sede della corporazione dei pipernieri, tagliamonti e fabbricatori, dimenticata, dopo 35 anni di abbandono ha riaperto i battenti grazie all’impegno dell’associazione Respiriamo Arte, un gruppo di giovani laureati partenopei specializzati in campo artistico e letterario. Il recupero di Santa Luciella, dispendioso, impegnativo, è stata la scommessa di una Napoli giovane : pulizia, ripristino degli ambienti e degli ornamenti, riapertura e promozione di questa piccola chiesa del cuore di Napoli che da anni era chiusa, usata come magazzino di sedie e di bombole a gas. Oggi è visitabile, sicura, suggestiva. Se passate da Napoli regalate al teschio con le orecchie una preghiera. Se avete qualcosa da chiedere…lui è lì per ascoltarvi

di Daniela Baroncini

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