Francesco, madre dell’umanità

Essere madre è essere umile. Essere madre è essere amore. Essere madre è essere, semplicemente essere. Papa Francesco è, senza se e senza ma. È nei gesti quotidiani, nelle parole e più di tutto nelle azioni. Francesco, il Papa che ha scelto la povertà e l’umiltà come un dono d’amore, da vivere è da far vivere. Senza ipocrisia anzi puntando il dito, ogni volta, contro i potenti che affamano il mondo. Contro i governi che fomentano le guerre, contro coloro che respingono invece di accogliere. Francesco, povero tra i poveri, si spoglia delle sue ricchezze ed abbraccia i lebbrosi. Francesco, povero tra i poveri, divide il pane con i senza fissa dimora e abbraccia gli ammalati, accoglie i migranti, lava i piedi, prostrandosi, agli zingari.

Non è facile, predicare la povertà in Vaticano, senza crearsi nemici potenti. Non è facile, vivere in povertà in Vaticano, senza farsi odiare e accusare di eresia. Non è facile inchinarsi e pregare davanti alla pachamana ( madre terra) ed essere accusato di idolatria. Francesco, Papa Francesco riconosce non la divinità della pachamana, ma riconosce il simbolo di realtà ed esperienze amazzoniche, con motivazioni non solo religiose, ma anche culturali. Francesco, la madre della umanità, perché si comporta come una grande madre, che accoglie, rimprovera, abbraccia e condivide con la forza che solo una grande madre può avere. Francesco scaccia i mercanti dal tempio come richiama coloro che vanno in chiesa ad avere un comportamento consono ai sacramenti e alle regole del cattolicesimo. “ Dio viene dove c’è fame e sete di giustizia, di pace, di libertà e di amore.

Dio viene anche sulle note di una canzone natalizia, tra i tasti di un pianoforte, attraverso linguaggi di musica e di poesia”. Si è madre quando si accoglie e si ama senza distinzione. Si è madre quando ci si sente uguali. Si è madre quando ci si sente sorelli. Francesco è madre di tutti noi per questo suo sentirsi parte di noi. Quando ci richiama a non inorgoglirsi, a saper cogliere la forza disarmante che emerge da ogni piccolo gesto di buona volontà, ad essere portatori di bellezza che come diceva Paolo VI è antidoto per non sprofondare nella disperazione, è quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo e unisce le generazioni facendole comunicare nell’ammirazione. “ Per questo siamo tutti chiamati a costruire un villaggio globale dell’educazione, dove chi lo abita genera una rete di relazioni umane, le quali sono la migliore medicina contro ogni forma di discriminazione e di isolamento. In questo villaggio, l’educazione e l’arte si incontrano attraverso i linguaggi, ogni forma di linguaggi.

Tutte queste espressioni della creatività umana possono essere canali di fraternità e di pace tra i popoli della famiglia umana…” Una grande madre al servizio dei poveri “ la disponibilità verso Dio si riscontra nella disponibilità a farsi carico dei bisogni del prossimo…” ed il prossimo sono i migranti sui barconi al largo di Lampedusa, sono gli zingari, sono i detenuti, sono gli ammalati, i senza tetto, gli emarginati, sono i nostri fratelli. Farsi carico, senza clamori e ostentazioni, come ogni madre fa con i propri figli, senza cercare posti d’onore, senza pubblicità, perché la carità cioè o solidarietà, non ha bisogno di essere esibita come un trofeo. Le opere di misericordia, dice Francesco, si fanno in silenzio, di nascosto, senza vantarsi di farle. Papa Francesco, la madre dell’umanità, rivolge costantemente lo sguardo e le sue parole al mondo indifferente “…è il tempo di svegliarsi dal sonno dell’indifferenza verso i fratelli più deboli, non seguendo le strade di egoismo che provocano guerre e conflitti”. Vegliare non significa avere materialmente gli occhi aperti, ma avere il cuore libero è rivolto nella direzione giusta, cioè disposto al dono e al servizio. Questo è vegliare, dice la grande madre Francesco, il sonno da cui dobbiamo svegliarci è costituito dall’indifferenza, dalla vanità, dall’incapacità di farsi carico del fratello solo, abbandonato o malato.

L’attesa di Gesù, non è altro che impegno e vigilanza, mettendosi al servizio, con amore, senza aspettare che ci chiedano aiuto i fratelli in difficoltà. Impariamo ad anticipare, ci ricorda Francesco, non aspettiamo, facciamoci parte attiva di una rinascita che accolga senza riserve coloro che fuggono le guerre e la fame. Parole che solo una madre, con amore dice ai suoi figli. Figli poveri, accogliere il loro grido di aiuto come una chiamata a uscire dal nostro io. “Non basta l’etichetta di cattolico o di cristiano per essere di Cristo, serve parlare la lingua del tu che ci spinge ad una carità non ipocrita”.

di Claudio Caldarelli e Eligio Scatolini

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