Il timore diffuso dal Coronavirus

La paura di una malattia virale, il coronavirus che arriva da Wuhan, riesce a farci sentire le difficoltà che incontra un mondo globalizzato. In Cina hanno bloccato circa cinquanta milioni di persone, chiedendo loro di rinunciare a viaggi e spostamenti, chiudendo parti della Grande Muraglia, per evitare che il virus della polmonite si propaghi rapidamente. Il tam tam dell’informazione non riesce a contenere l’allarme e l’attenzione che si sono creati. Eppure esistono minacce meno visibili che rischiano di polverizzare il pianeta, di inquinarne le falde acquifere, i terreni, l’aria, che non sono percepite nella loro gravità.
L’influenza, che miete ogni anno vite umane, nella stagione 2018-2019 ha determinato, nelle nostre regioni, la morte di 198 persone, con un’età media di 68 anni, e ha colpito anche bambini e donne in gravidanza. 809 casi sono stati segnalati come gravissimi, con ricovero ospedaliero*, di queste persone, una su quattro è deceduta.
Questa nuova malattia, però, fa più paura. Nei laboratori stanno studiando un nuovo vaccino da sperimentare, nel più breve tempo possibile, sull’uomo. Si stanno prendendo, a livello mondiale, misure di prevenzione e sicurezza per evitare che soggetti infetti, portatori in incubazione, possano diffondere, inconsapevolmente, questa malattia, nei confronti della quale emerge la fragilità dell’essere umano. Quando ci riguarda in modo diretto riusciamo anche a capire che possiamo pretendere che si rinunci a qualcosa, compresa la libertà di spostamento. Siamo preoccupati al punto che, contrariamente al solito, potremmo cambiare le nostre abitudini perché comprendiamo che la nostra vita potrebbe essere in pericolo.
Non riusciamo invece a capirlo per ogni altro problema che affligge il nostro pianeta. Ogni inquinamento, ogni minaccia di guerra, l’uso sconsiderato di mezzi, le polvere sottili che, senza pioggia, uccidono nel mondo, ogni anno, decine e decine di migliaia di persone non sono percepiti con lo stesso livello di minaccia. E d’inquinamento si muore.
Nella gravità della malattia da Coronavirus riusciremo a contenere l’allarmismo che si è diffuso? Aver individuato il focolaio, gli interventi volti a delimitare il contagio, la predisposizione di meccanismi di salvaguardia, tutto questo dovrebbe indurci a una consapevole attenzione, non al panico, ma l’atavica paura dell’ignoto, di ciò che pensiamo sfugga al nostro controllo, rende invece questo virus che non si vede e non si tocca, fonte di profonda inquietudine.

di Patrizia Vindigni

*(fonte il Sole 24 ore)

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