In Turchia, Erdogan ripropone il matrimonio riparatore, un salvacondotto per gli stupratori

Il partito di Erdogan ci riprova. Già nel 2016 il movimento politico del presidente aveva avanzato una proposta analoga, che non fu approvata. Per la maggioranza di governo la legge servirebbe soprattutto a sanare situazioni di fatto che riguardano zone rurali del Paese, in cui non sono rari i casi di “spose bambine”.

Inserita in un ampio pacchetto di riforma del sistema giudiziario, la norma preparata dal partito del presidente, assicura un salvacondotto ai responsabili di violenze sessuali contro le donne in caso di successive nozze. Unico requisito è che la differenza d’età fra gli sposi debba essere inferiore a dieci anni.

Se approvata, la norma ormai definita “Sposa il tuo stupratore”, potrebbe salvare dalle conseguenze penali gli autori di violenze sessuali contro le donne. A Istanbul le associazioni per la difesa dei diritti chiedono a gran voce il ritiro.

In altre parole chi è accusato di violenze sessuali potrà uscire di prigione, evitare la condanna e riparare, complice un bel matrimonio, sposando la propria vittima. Questa è la Turchia di Recep Tayyip Erdogan. Dove, a dispetto delle proteste di piazza e di quelle che stanno arrivando in Parlamento, il potere esecutivo non ascolta le critiche e procede in collisione diretta sull’opposizione e le donne.

Non è la prima volta che il partito chiamato Giustizia e Sviluppo ci prova. Ma dopo aver ritirato la bozza di legge nel 2016 per le proteste e l’indignazione dell’opinione pubblica, ora un Erdogan che si sente più forte dopo aver schiacciato i curdi in Siria e fermato il generale ribelle Haftar in Libia non si pone limiti anche all’interno.

La settimana scorsa, il testo sul “matrimonio riparatore” era stato portato all’Assemblea di Ankara. Dove però le deputate del partito repubblicano, all’opposizione, lo avevano subito contestato. Una protesta vivace che ha visto le parlamentari della compagine istituita a suo tempo da Mustafa Kemal, fondatore della Turchia moderna, battere con i palmi aperti sugli scranni parlamentari per poi alzarsi, nel gelo dei colleghi conservatori, a cantare ormai la nota canzone cilena “Un violador en tu camino (Uno stupratore sul tuo cammino). Molti la ricorderanno, una contestazione contro la violenza alle donne che ha visto moltissimi paesi aderire al ritmo di questa canzone ideata lo scorso anno dal collettivo femminista cileno Las Tesis. Un tormentone che fece il giro del mondo.

A seguito dell’opposizione delle parlamentari, poco dopo, in una piazza di Istanbul, centinaia di donne controllate a vista dalla polizia, si sono riunite per ballare il brano che termina con le parole: “Lo stupratore sei tu!”. Ben scandito e con l’indice puntato contro.

L’interpretazione non è piaciuta al Sultano.

Anche questa volta il braccio di ferro tra governo conservatore e forze laiche si sta scaricando sulla piazza, con i limiti di legge ovviamente consentiti in Turchia a manifestazioni che non eccedano nelle dimostrazioni. In Parlamento non è stata ancora fissata una data per il prosieguo della discussione.

Le associazioni per la difesa dei diritti delle donne sono già allertate, e chiedono a gran voce il ritiro di una proposta che potrebbe aggravare di molto i problemi della violenza di genere e delle spose bambine, fenomeno purtroppo molto diffuso nelle aree più arretrate del Paese.

In Turchia nell’ultimo decennio le spose con un’età inferiore a quella prevista dalla legge sono state circa mezzo milione. Casi sottostimati, tuttavia, perché spesso queste nozze non vengono celebrate davanti a pubblici ufficiali ma solo ad autorità religiose locali.

Quella del governo sembra dunque essere più un tentativo di sradicare le prove di una violenza ormai epidemica in Turchia contro bambine e donne adulte.

In un articolo sul quotidiano indipendente Cumhuriyet, il capo del dipartimento penale e di procedura penale dell’Università di Istanbul, Adem Sözüer, afferma che la nuova proposta finirebbe per far aumentare il numero delle violenze in quanto “legittimerebbe la mentalità che le donne siano oggetti da possedere o esistano solo per una soddisfazione sessuale”.

Difficile immedesimarsi in una donna che vive in Turchia, impossibile pensare che tutto questo avviene regolarmente come normalità e ancora più assurdo è apprendere che simili abusi possano essere regolamentati da una legge.
Forse occorrerebbe una grande mobilitazione mondiale, contro tutti i paesi che come la Turchia ledono i diritti, la dignità e la libertà delle donne, un grido, un urlo che sia eco della rabbia e dell’indignazione di tutte le donne di questo pianeta. Perché ciò che accade a una di noi si riflette su tutte. Perché tutto ciò che avviene in un angolo di questo mondo, è automaticamente anche il mio angolo da proteggere e salvaguardare.

di Stefania Lastoria
 

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