Maria Elena, il vuoto, l’onestà e la muffocrazia

Tavani

È il vero emblema di come appare la politica è diventata oggi. Si tratta di Maria Elena Boschi, ministra per le Riforme Costituzionali, ai Rapporti con il Parlamento e ora anche alle Pari Opportunità. Ha un corso di studi giuridici esemplare, sempre al massimo livello, dalla laurea al master in diritto societario, al tirocinio in materia d’impresa e bancaria. Sappiamo che sull’aspetto bancario ha notevoli e imbarazzanti conflitti d’interesse familiare, essendo suo padre, suo fratello, suo zio e un cognato coinvolti nel affaire- della Banca Etruria. Non è di questo, però, che qui si vuole parlare, ma proprio e soltanto della sua spoglia filigrana politica.

Nessuno ha mai sentito la ministra – nei suoi discorsi pubblici e nelle interviste rilasciate – mai fare anche il minimo riferimento a ideali politici, sociali, storici, culturali al campo d’appartenenza, quali socialismo, sinistra, democrazia, più equa distribuzione della ricchezza, lotte, battaglie, diritti dei lavoratori, solidarietà, dottrina sociale ecc. Neanche a nomi di leader, pensatori, filosofi, scrittori di quella tradizione accenna mai. Anzi, è proprio la parola stessa “ideali” che non risuona mai nei sui discorsi e nei suoi pensieri. Anche ad ascoltare i suoi più recenti interventi alla scuola giovani del Partito Democratico non si sente mai, neanche come lapsus, un qualche pur vago riferimento a una vicenda che è stata decisiva nella storia moderna dell’Italia, dell’Europa, dell’intero Occidente.

Preoccupazione unica della sua comunicazione pubblica è riferire ciò che si doveva fare, si è fatto, è ancora da fare. Ossia: mi hanno assegnato un compito ed io tecnicamente mi ci sono dedicata, assolvendolo in questa o quest’altra proporzione. La parte non è realizzata non va imputata a una mia mancanza ma a chi mi ha pretestuosamente ostacolato, sulla scorta di vecchie, obsolete motivazioni. Smantellare e installare: questo il programma. Smantellare cosa? Installare, instaurare cosa? Smantellare tutto ciò che intralcia il passaggio diretto dal comando del governo all’esecuzione legislativa e alle sue conseguenze sociali. Il comando di governo deriva oggi, però, da diktat sovranazionali, sovra continentali, soprattutto di natura economica, e dunque ciò che va installato è un Apparato, un Dispositivo che escluda qualsiasi altro segnale di disturbo esterno.

Tra gli elementi esterni – e non tra gli ultimi – proprio quei riferimenti ideali, storici, culturali che sono all’origine sia marxista, sia cattolico-sociale delle due principali componenti che hanno dato luogo al PD: il Partito Comunista Italiano, poi PDS, e la sinistra della Democrazia Cristiana, poi PPI, la Margherita, ecc. Da quest’ultima radice cattolica proviene anche la ministra, ma le sue prolusioni sono prive persino di tali eco. Tanto Berlinguer quanto Moro non sono più risorse ideali storiche ma sopravvivenze pratiche intralcianti il presente e il futuro davanti a noi.  Il contrasto con la magistratura è un altro aspetto ostativo preminente, il quale, però, ha una sua specificità, soprattutto in Italia.

La recentissima legge Cirinnà sulle unioni civili è un adempimento – più volte dolosamente procrastinato – che ci ha chiesto l’Europa, al fine di omogeneizzare il piano sia dei diritti sia degli assetti economico-patrimoniali. Pure in questo la ministra si è limitata a eseguire la dettatura di un protocollo, che pure è stato ridimenzionato, se non proprio deformato dall’azione ostacolante del passatismo confessionale, reazionario italiano.

La mancanza di un tessuto politico-ideale si coglie subito al tatto soprattutto nel profilo del Presidente del Consiglio dei Ministri. Essendo Matteo Renzi, però, anche segretario di quel partito che – non solo ancora conserva al suo interno componenti che si rifanno nel pensiero e nell’azione a tale radici –, ma che è parte della famiglia socialista in Europa, non può fare a meno di tenerne conto nei suoi discorsi pubblici interni e internazionali.

Non dobbiamo, quindi, pensare che questo sia un tratto caratteriale, individuale della ministra Boschi. Anzi, quella che può apparire come una singolarità, è una tendenza anche ben più marcata altrove, come nel Movimento 5 Stelle, ad esempio. Non perché questo manchi di una sua dimensione di programma sociale e anche ambientale, anzi!, ma perché anche esso punta a superare decisamente i riferimenti politici, ideali e culturali del secolo appena trascorso. Novecento suona ormai di vetusta decrepitezza, esattamente quanto prima suonava Ottocento. Almeno i secoli più indietro, Cinquecento, Seicento e Settecento, risplendono ora di un’aura riverberante insieme la modernità d’allora e il classicismo per l’oggi.

I 5 Stelle si rivolgono indistintamente a ogni settore sociale e appartenente nel Novecento a qualsiasi – anche opposta – ideologia o visione, credo sociale, religioso, esistenziale. La modernità tecnologica, elettronica permette che ogni questione, dimensione collettiva o individuale sia traslata su un altro piano. Dagli ingorghi del traffico metropolitano a quelli dei voti parlamentari o dei conti bancari possono essere affrontati e risolti in termini di programmi, applicazioni, connessioni, scambi e convergenze di flussi informatici e big data.

Non a caso Onestà! è l’unica parola d’ordine scandita nelle piazze da rappresentanti e seguaci del Movimento. Un vocabolo di per sé neutro, poiché esso è teoricamente alla base di qualsiasi concezione da cui è nato lo Stato moderno, ossia da quelle liberali, socialiste e cattolica, anche nelle loro reciproche influenze e combinazioni. Da filosofi quali Kant, Locke, Rousseau, Montesquieu, Hegel, ecc. Dalla Rivoluzione Francese del 1789 a quella Russa del 1917. Onestà! assume una sua cogenza attuale, proprio perché la corruzione è oggi bio-politica, ossia lo è sia in senso etico-morale sia come degenerazione materiale, putrescenza fisica del vecchio organismo di potere democratico.

L’Onestà! ha un valore semantico come poteva averlo ieri L’Avanti! socialista, rivoluzionario del primo decennio novecentista, oltre che titolo della gloriosa testata giornalistica. Lo ha molto più de l’Unità di tradizione gramsciano-comunista e quotidiano oggi governativo. Per la società bio-elettronica, infatti, quale passo o salto in avanti, la corruzione non può che rappresentare un ostacolo, un intralcio esiziale. In questo senso, il M5S è certamente più in sintonia con la magistratura, salvo alcune vicende locali. Solo che il processo che vuole innescare tale Movimento è in sé e per sé rivoluzionario. Un processo, cioè, di cambiamento alla radici della società che non può pienamente esplicarsi con gli attuali assetti, meccanismi e procedimenti democratici, ossia cartacei, incartapecoriti, muffocratici. E – in questa luce – non si può dire come si metterebbero poi i rapporti con quest’altro ganglio del potere, configurato nel passato e a esso tuttora saldamente ancorato, che è la magistratura.

Così, a ben vedere, il vuoto pneumatico di ideali e valori politici, almeno come si intendevano ieri e ancora oggi molti li intendono, non è soltanto una contesa tra una Pinocchia al governo nel Paese dei Balocchi e l’onestà di un Grillo Parlante all’opposizione. Esso è in realtà spinto e converge da direzioni contrastanti in avanti, ossia verso il futuro, proprio come un fiume che si gonfia e corre impetuoso tra sponde opposte verso la foce.

di Riccardo Tavani

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