Come mi batte forte il tuo cuore, ancora. In ricordo di Walter Tobagi

Giusy

Benedetta Tobagi aveva tre anni quando un gruppo di giovani, molti di loro appartenenti alla Milano bene, sparò e uccise suo padre, il giornalista del Corriere della Sera Walter Tobagi, proprio davanti casa. Aveva tre anni e non conosceva il terrorismo. Non conosceva bene probabilmente nemmeno suo padre, e forse non capì quella morte e non ne soffrì. Non sapeva che molti anni dopo avrebbe scritto un libro, ricostruito quella storia, quel lutto, sofferto per esso e consegnato all’Italia una parte di verità su uno degli assassinii più misteriosi, fino a quel momento, della storia del terrorismo italiano.

Trentasei anni fa, il 28 maggio del 1980, moriva uno di quei giornalisti per cui ancora oggi ci si innamora di questa professione. Walter Tobagi, dopo un passaggio prima all’Avanti! e poi alla redazione dell’Avvenire, entra giovanissimo nel Corriere della Sera dove si specializza nell’analisi delle vicende politiche degli anni di piombo. Non era un giornalista d’inchiesta, ma un attento cronista, capace di ricostruire fatti e portare alla luce nuovi elementi. Giornalisti come lui, come Carlo Casalegno, erano nel mirino dei terroristi, e questo Tobagi lo sapeva: come scrisse anche Sciascia, quei ragazzi della Brigata XXVIII marzo “lo hanno ammazzato perché aveva metodo”.

Quasi trent’anni dopo la morte del padre, nel 2009, Benedetta scrive Come mi batte forte il tuo cuore. Il libro è in primis un tentativo di ricostruire la storia di un padre che non ha quasi conosciuto, ma di cui l’Italia ha parlato e sentito parlare fin troppo: Benedetta Tobagi ricostruisce allora la figura del Walter giornalista alla ricerca della verità, e del lavoratore alla ricerca di diritti per sé e gli altri (Walter Tobagi si distingue anche per essere stato presidente dell’Associazione lombarda dei giornalisti). Come mi batte forte il tuo cuore non è il racconto di una figlia che celebra un padre eroe, non è la commemorazione di un martire: Benedetta passa dagli articoli del padre alla ricostruzione delle dinamiche terroristiche in cui si viveva in quegli anni, fino a raccontare di come spesso lo Stato sottovalutava certe minacce, non volendo forse vedere. Ci restituisce in parte la verità, e in parte regala la possibilità di vedere ancora oggi, in un mondo diviso tra un giornalismo marcio e un giornalismo per cui si muore, ma lontano dai nostri occhi, come può nascere e vivere l’amore per l’indipendenza attraverso la parola scritta.

di Giusy Patera

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