Francesca Morvillo. Un amore forte, anzi, fortissimo.

Patrizia Vindigni Vice Direttore

Era notte, una notte del 1986, quando Francesca Morvillo e Giovanni Falcone, di nascosto, in presenza dei soli testimoni, si sposarono. Una scelta legata forse alla sicurezza, al bisogno di vivere la loro decisione in modo tranquillo, senza sirene, senza correre, senza fotografi, per un attimo ritornando solo persone, un uomo e una donna innamorati.

Francesca Morvillo era nata nel 1945 a Palermo e si era laureata in Giurisprudenza con il massimo dei voti. Seguendo le orme del padre, sostituto procuratore, aveva, subito dopo aver terminato gli studi, deciso di entrare in magistratura.

Il suo incontro con Giovanni Falcone risale al 1979. Il loro fu un amore discreto, lontano dalle attenzioni dei giornali, vissuto sotto scorta, condividendo molti momenti, con chi era chiamato, di volta in volta, a tutelare la loro vita. Entrambi provenivano da precedenti, fallite, esperienze matrimoniali. Dopo qualche anno  decisero di convivere ma, solo nel 1986, davanti a Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, unirono in modo definitivo le loro vite. I festeggiamenti successivi coinvolsero solo i familiari e pochi amici, per i quali fu la stessa Francesca a cucinare in casa. Un’intimità necessaria che riuscivano a vivere serenamente, almeno fino all’attentato dell’Addaura. Attentato che fece temere a Falcone, fortemente, per la vita della moglie, portandolo a pensare che fosse meglio tenerla lontana quanto più possibile da sé, per sottrarla al pericolo.

L’amore di Francesca per Falcone era, agli occhi di tutti, dichiarato e forte. Un amore generoso, perché solo amando in modo generoso si può vivere con lo spettro delle minacce di Cosa Nostra e, negli ultimi anni della carriera del magistrato, con tanti veleni: le lettere del Corvo, i tradimenti di falsi amici e un difficoltoso quotidiano.

Non doveva essere facile neanche ritagliarsi momenti di serenità, personali. Quanto è scontato per una coppia, andare al cinema, a cena in un locale, passeggiare sul lungomare, per la coppia Falcone-Morvillo, molto probabilmente, era sempre una piccola conquista. Momenti di gioia rubati al tempo, alle corse con la scorta, alle minacce di Cosa Nostra.

Dopo il trasferimento di Giovanni Falcone su Roma, Francesca Morvillo non rinunciava ad attendere solitamente il suo arrivo all’aeroporto, per percorrere insieme la strada di ritorno verso casa.

Lo fece anche il 23 maggio del 1992. All’arrivo di Giovanni su Palermo, Francesca salì con lui in macchina, sedendosi sul sedile anteriore, accanto all’uomo che amava, che quel giorno, forse come altre volte, aveva scelto di guidare. Trasferitosi sul sedile posteriore, l’autista, Giuseppe Costanza si sarebbe salvato, da lì a poco, per questa pura fatalità, diventando testimone dell’attentato.

Erano le 17:58 quando l’esplosione investì in pieno l’auto su cui viaggiavano, fermando il tempo, sollevando polvere e detriti che, nel ricadere, ricoprirono subito ogni cosa, auto e persone.

Francesca  e Giovanni, estratti ancora vivi dalla macchina, furono portati in ospedale. Sopravvissero per poco tempo alle ferite riportate. La notizia della loro morte si diffuse rapidamente. Di lei è rimasto un ricordo di forza e dolcezza, di un volto sorridente alle spalle o accanto al giudice, mai invadente, semplicemente accanto, sicuramente con un grande amore nel cuore. Di entrambi una memoria indelebile, insieme a tutti gli uomini della scorta (Vito Schifani, Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro).

di Patrizia Vindigni

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