Brexit

Non me l’aspettavo e, a dirla tutta, ci sono rimasto male. Non per una valutazione politica né economica, perché, da questi punti di vista,  non credo d’averci capito un gran che, nonostante gli sforzi dei mezzi di comunicazione nello spiegare il perché e il per come della Brexit.

Ci sono rimasto male istintivamente; direi quasi da un  punto di vista sentimentale, affettivo. Perché mi piace pensare che popoli diversi possano condividere una storia politica, cerchino una strada comune, si sentano come fratelli. Questo sì, che mi interessa. E tanto più, quanto più si è diversi. Senza differenze, non c’è interesse, arricchimento, crescita. Allargare i confini, ampliare ciò che è comune, mettere insieme differenze è sempre meglio che arroccarsi, creare barriere, irrigidire gli egoismi nella speranza di poter stare meglio (…degli altri?). Ed è molto meglio che non pensarla come il marchese del Grillo: “io so’ io, e voi non siete un cazzo!” – che sarebbe, forse, la traduzione romanesca di “Britain first”.

Sì, mi addolora la Brexit; e mi hanno danno l’orticaria quasi tutte le argomentazioni dei giornalisti per spiegarcela, e quasi tutte le considerazioni dei politici a favore e contro l’esito del referendum.

Su di una cosa hanno tutti ragione: che si tratta davvero di un avvenimento storico e drammaticamente importante.

Prima di tutto, perché, per certi versi, questo referendum è stato un abuso, e non un lodevole esercizio di democrazia. Un abuso ingiustificabile nei confronti di tutti gli altri europei.

È pur vero che i britannici  hanno il diritto di scegliere di svegliarsi, il giorno dopo il referendum, più poveri, perché  la sterlina si è svalutata e il loro stipendio vale il 10% di meno.  Ma la loro scelta ha anche provocato il crollo delle borse di tutt’Europa, che vuol dire una perdita di miliardi di euro: solo in Italia, una settantina di miliardi sono andati in fumo nello spazio di un mattino. Tutti noi (italiani, francesi, greci, spagnoli eccetera) ci siamo svegliati più poveri; abbiamo subito un danno economico molto concreto e, come sempre, quando c’è una crisi economica saranno le fasce più deboli a pagare di più. Il crollo delle borse, che è stato superiore al crac del 2008, non vuol dire, semplicisticamente, che alcuni speculatori finanziari hanno avuto una giornata nera. Vuol dire che la ricchezza di tutti i paesi europei, e di tutti i cittadini europei, ha avuto una perdita più grande di quella causata dall’ultima crisi. Compresi i disoccupati, i pensionati al minimo, i precari. Siamo proprio sicuri, allora, che il referendum sulla Brexit possa considerarsi un normale esercizio democratico? E i danni, chi li paga?

Ancora una volta, non posso non apprezzare la saggezza della costituzione italiana, che non consente di abrogare con un referendum i trattati internazionali: se voglio uscire da una società, devo discuterne con gli altri soci, non posso scappare con la cassa! E un referendum non è una buona scusa.

In secondo luogo, la Brexit ha vinto per il voto dei cittadini più anziani. Stando ai giornali, tra i votanti fino a 25 anni d’età,  più del 70% avrebbe preferito restare in Europa, e il remain avrebbe vinto di misura anche tra  i cittadini fino ai 49 anni. Quindi, i cittadini con un futuro sarebbero stati contro la Brexit, che è stata imposta dai cittadini con un passato, ma che un futuro non ce l’hanno più. Non è una strana forma di suicidio?

Ma non basta: Scozia, Irlanda del Nord e Gibilterra stanno pensando di separarsi dall’Inghilterra, perché preferiscono restare in Europa. Questo sì che è un bel successo per chi si esercita a dividere! Forse, però, gli inglesi non conoscono il proverbio “troppa grazia, Sant’Antonio!”

Insomma, è evidente che questo referendum è stato un errore gravissimo, un vero e proprio abuso di democrazia, i cui unici precedenti sono riscontrabili nelle pagine più oscure della storia europea (come quello su Hitler, richiamato alla memoria dagli stessi inglesi).

Tuttavia, a qualcuno la Brexit è piaciuta.

Per esempio a Trump che, come ha lui stesso teorizzato riguardo alla crisi economica del 2008, si sarà già messo a speculare sulla nuova crisi: inflazione e crolli in borsa sono sempre un buon mare per gli squali.

Come è piaciuta a tutti i movimenti neofascisti d’Europa: si sa che tornare indietro è sempre stato il loro pallino.

Ed ai leghisti che, non essendo riusciti a spaccare l’Italia, ora ci provano con l’Europa.

E, per finire, è piaciuta a Tommy Mair, che ha ucciso una donna al grido di “Britain first!”, per il solo motivo che la giovane deputata rappresentava un’idea diversa dalla sua.

Se questi sono i simpatizzanti, la Brexit deve proprio essere un’idea squallida e mediocre!

 

di Cesare Pirozzi

 

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