Strade perdute – David Lynch
Lynch è un genio e un maestro, costruisce la tensione in maniera impeccabile, studiando ogni dettaglio con cura certosina: il fuoco del camino ripreso a velocità maggiore, i lampi di luce, i corridoi claustrofobici, le scene girate al contrario ed i flashback continui, gli sguardi inquietanti, gli improvvisi gesti di minaccia; tutto perfetto. Questo riguarda la maestria, la genialità invece sta tutta nel modo, assolutamente unico, di intersecare sogno e realtà in un intreccio che si può districare ma non senza sforzo, e mai completamente. Non mi vergogno a dire che dopo averlo visto ho pensato “non ci ho capito niente, ho chiuso con Lynch”. La tentazione di considerare certe astrazioni eccessive e fini a se stesse era forte ma, per fortuna, non vi sono caduto del tutto. Mi sono spremuto le meningi senza trovare chiavi di lettura e non avevo intenzione di rivederlo, così ho umilmente cercato in rete e trovato un blog che spiegava, punto per punto, molti dei punti meno evidenti, ad una prima occhiata. Allora, ovviamente, tutto è diventato chiaro. Quei lampi improvvisi avevano un senso ed anche le trasformazioni, persino il frullare della testa del protagonista nel finale, per cui è chiaro: sono piccolo in confronto al genio di Lynch, troppo piccolo per capirlo ma non abbastanza per non riconoscerlo ad apprezzarlo. È un film cervellotico, impegnativo ma al contempo con una tensione ed un ritmo tali da renderlo un buon prodotto di intrattenimento. Senza difficoltà, si può classificarlo come capolavoro sia dell’opera di Lynch, sia del genere. Da vedere e (necessariamente) rivedere. Forse in questo caso lo spoiler può addirittura essere utile e, piuttosto che rovinare la visione, permettere di assaporarla meglio. Ma questo si potrà stabilirlo solo col senno di poi, ovviamente.
Da segnalare, inoltre, una colonna sonora assolutamente perfetta, uno dei punti di forza del film, ricercata ed efficace.
di Marco Camillieri