Referendum: No grazie

claudioIl 4 dicembre si vota per il referendum costituzionale deciso dal governo Renzi. Un Parlamento incostituzionale ha riformato la Costituzione e la legge elettorale a colpi non di maggioranza, ma di minoranza travestita da maggioranza grazie al premio abusivo del Porcellum.
Questa riforma elettorale e quella costituzionale non erano nel programma del Pd sottoposto ai cittadini alle elezioni del 2013 che hanno dato vita alla maggioranza parlamentare (illegittima e anticostituzionale) del governo Renzi. Il programma del Partito Democratico, anzi, prevedeva una legge elettorale che restituisse ai cittadini il potere di scegliersi i propri rappresentanti in Parlamento e l’applicazione corretta e integrale di quella Costituzione che rimane la più bella del mondo.
Il governo ha costretto le Camere ad approvare le sue riforme con ogni sorta di imposizione contro le minoranze: l’abuso della questione di fiducia, le rimozioni dalla Commissione Affari Costituzionali dei senatori dissidenti della maggioranza, i canguri e i super canguri taglia emendamenti.
La riforma della Costituzione è stata approvata grazie a ricatti politici (se la riforma non passa cade il governo o si sciolgono le Camere e chi si oppone non sarà ricandidato) e grazie al trasformismo: 325 passaggi da un partito all’altro a opera di 246 parlamentari, quasi sempre dall’opposizione alla maggioranza, nei soli primi due anni della legislatura.
Il premier Matteo Renzi ha spacciato il referendum come uno spartiacque tra lo sfacelo del paese e la rinascita, annunciando catastrofi in caso della vittoria del No. Aveva annunciato le sue dimissioni se la riforma della Costituzione fosse stata bocciata, poi ha cambiato idea e se perde non si dimette più, anzi rimane per il bene del Paese, insieme alla ministra Boschi, figlia della banca Etruria. Ha decantato i risparmi della riforma e la riduzione dei politici, ma così non è.
I risparmi del nuovo Senato sono irrisori: una quarantina di milioni all’anno, senza contare i rimborsi spese per i sindaci e consiglieri regionali provenienti da ogni parte d’Italia. Tutto il Senato costa 540 milioni all’anno. La sua riforma ne farà risparmiare meno di 40. Per risparmiare la stessa cifra sarebbe bastato decurtare del 10% lo stipendio complessivo di deputati e senatori, senza toccare la Costituzione “più bella del mondo” come diceva Roberto Benigni quando la difendeva, nei suoi spettacoli: ora è saltato sul carro di Renzi e dice che in fondo non è la più bella del mondo.
Per tagliare davvero i costi della politica, si sarebbe dovuto abolire il Senato (che costa 540 milioni all’anno) e dimezzare il numero dei deputati e i loro stipendi, benefit e rimborsi. Oppure mantenere il Senato con poteri differenti e dimezzare sia deputati e senatori, sia i loro stipendi.
Il nuovo Parlamento sarà formato da membri in gran parte “non eletti” dai cittadini, ma nominati dalla casta con la legge elettorale Italicum, che è peggio dell’incostituzionale Porcellum: i due terzi dei deputati, con il sistema dei capilista bloccati, e tutti i senatori scelti dai Consigli regionali e dal capo dello Stato.
Alla Camera, cioè nel ramo del Parlamento largamente dominante, con l’Italicum si prevede un abnorme premio di maggioranza al partito più votato. Anche se questo rappresenta il 25 per cento dei votanti, si accaparra il 54% dei seggi. Il premio non è di maggioranza, ma di minoranza. Con tanti saluti alla sentenza della Corte Costituzionale sul Porcellum, che impone un preciso tetto sotto il quale nessun premio di maggioranza è legittimo per non pregiudicare il principio di rappresentanza.
Referendum: No grazie!!!

di Claudio Caldarelli