Il trionfo della disuguaglianza

Pietro Calamandrei scriveva: “Per far vivere una democrazia non basta la ragione codificata nelle norme di una Costituzione democratica ma occorre, dietro di esse, la vigile, e operosa presenza del costume democratico che voglia e sappia tradurla, giorno per giorno, in concreta, ragionata è ragionevole realtà”.

Quello che oggi manca è proprio un’etica democratica, che abbia come punto di riferimento imprescindibile la solidarietà e l’equità.

Mettiamo che abbiamo a disposizione 7 miliardi di euro per la riduzione delle imposte, facciamo finta di non sapere che sono soldi presi in prestito che aumenteranno il debito pubblico. Il governo Draghi, sostenuto da quasi la totalità dei partiti di sinistra, centro e destra, dovrà decidere a chi distribuire questi miliardi, cioè a chi diminuire le tasse.

Dopo tante discussioni, audizioni, confronti, dibattiti e convegni, padronali e confindustriali, si è giunti ad un accordo, quasi unanime, con il solo dissensò della Cgil e Uil che hanno proclamato uno sciopero generale, contro questa ipotesi di accordo. Ci sarà un motivo, che cercheremo di spiegare, anche perché così come si presenta, questo accordo sulla riduzione delle imposte, è il trionfo della disuguaglianza. Abbiamo citato Calamandrei per sottolineare quanto sia ingiusto, sperequativo e non solidale, l’accordo sulla riduzione del cuneo fiscale. Logica vorrebbe che la diminuzione delle imposte fosse inversamente proporzionale al reddito dichiarato. Invece, la prima cosa cosa che si evince è che ai redditi fino a 15mila euro vengono dati zero euro. Si, zero euro. Eppure è la fascia dei contribuenti più poveri, con aliquota invariata al 23%. Oltre i 15mila euro il risparmio fiscale inizia a crescere e raggiunge il massimo con un reddito di 50mila euro, con un risparmio di 920 euro di minor imposte. Poi decresce fino a 270 euro di risparmio per redditi superiori a 75mila euro. Da notare che il reddito medio dei contribuenti italiani è di 26mila euro che avrebbe un risparmio di soli 220 euro. Così facendo le disuguaglianze aumentano. E vedremo perché? L’accordo prevede che nel 2022 gli scaglioni dell’Irpef da 5 diventino 4 e che nel 2023 diventino 3. È del tutto evidente che la riduzione degli scaglioni è tendenzialmente in contrasto con la progressività costituzionale delle imposte. Ricordiamo che 50 anni fa con l’entrata in vigore dell’Irpef gli scaglioni erano 50. Lentamente, anno dopo anno, siamo tornati allo Statuto Albertino, che prevedeva la tassazione proporzionale, cioè la flat tax per tutti. Che questo oggi avvenga con il consenso di tutte le forze politiche è sconcertante. Come se tutti volessero aumentare la forbice della disuguaglianza, abbandonando i poveri alla loro miseria e povertà. Non una parola si leva in loro difesa, solo le parole di Papa Francesco condannano la ricchezza che genera povertà, fame e guerre. È difficile comprendere come si sia arrivati a questo punto, cioè, approvare una riforma che genera disuguaglianza e povertà, con il consenso di tutte le forze politiche, che non conoscono le parole di Calamandrei che ci invitava ad una ragionata e ragionevole realtà, giorno per giorno, affinché ognuno potesse avere ciò di cui aveva bisogno per vivere dignitosamente, senza essere schiavo di nessuno ma fratello di tutti.

di Carlo Faloci e Claudio Caldarelli