Vita da clochard. Sopravvivere per istinto.

Sara Di Paolo

Immaginate una vita ricca di agi. Pasti caldi in tavola, coperte sul divano e mura che riparano da pioggia e freddo.
Poi immaginate anche il contrario, vestiti troppo corti, cartoni che fanno da letto e pane duro racimolato ai bordi della strada o in mezzo ai cassonetti.
In Italia oggi, sono circa 80.000 le persone che vivono così. Clochard, senza tetto o peggio ancora “barboni”. Nomi, stigmatizzazioni.
Alle persone, le storie e i motivi per cui sono stati costretti a ridursi in tali condizioni, ci pensano in pochi. O meglio, associazioni a parte, quasi nessuno e solo in alcuni periodi dell’anno. Natale e forse Pasqua.
Dietro lo “nero” di chi vive in mezzo ai portici o sotto un ponte bensì, si nascondo uomini e donne che spesso hanno grandi storie da raccontare. Ex dirigenti, laureati, artisti con collaborazioni prestigiose alle spalle.
Bisognerebbe superare le barriere, la paura di quell’ignoto etichettato con superficialità e calarsi con curiosità oltre il pregiudizio. Bisognerebbe pensare a come ci si sente da soli, da derisi e spogli della propria dignità.
Com’è la notte con tre gradi sotto lo zero a cielo aperto? Come si sopravvive con l’acqua sempre fredda e lo stomaco vuoto?
Ci si sveglia presto, per rispetto dei passanti, si lotta per mantenersi la postazione ogni giorno. Poi, ci si trascina i pochi averi a ogni spostamento per paura di essere derubati, ci si gela sotto la neve, si costruiscono rapporti precari.
Un caffè ti rende felice, un piatto di pasta caldo sembra un miracolo. Le sigarette non sono intere, quelle che vengono gettate qua e là possono bastare per il gusto di fare due tirate.
Le scarpe invece sono sempre o troppo piccole o troppo grandi, l’amore è dimenticato e la famiglia è un ricordo lontano. Lontanissimo. I capelli e la barba crescono, delle unghie ci si libera a morsi.
Ogni tanto però, arriva qualche volontario a strappare un sorriso. Un gesto, una parola, diventano doni incredibili. Centellinati, ma incredibili. Intanto alcuni sognano ancora, tanto. La speranza d’altra parte, è un istinto primitivo.

di Sara Di Paolo

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