La freddezza di un boss: Matteo Messina Denaro

Teresa Maria Principato, procuratore aggiunto presso il tribunale di Palermo, nella audizione in Commissione Antimafia racconta il boss e l’uomo Matteo Messina Denaro, il capo di Cosa Nostra, il superlatitante, la Cupola delle Cupole. “Abbiamo proceduto all’arresto di quasi tutti i familiari di sangue di Messina Denaro; sorella, cugini, cognati, tutti coloro che gli erano vicini – io pensavo che questo potesse suscitare nell’uomo una reazione, ma l’uomo non è normale, è molto freddo – dopo otto anni di studio è quasi normale che si ragioni come se lo si fosse conosciuto”.
Il procuratore aggiunto snocciola particolari e descrive ampiamente la strategia investigativa, fin qui seguita, per la caccia al boss dei boss, come la confisca dei beni “essendo lui così profondamente legato al denaro e ai suoi interessi”. Sono stati confiscati a Messina Denaro centinaia di milioni di euro, “pensate – prosegue la Principato davanti ai membri della Commissione – che solo la catena Despar è stata oggetto di confisca per 850 miloni di euro…a parte gli arresti e i provvedimenti, abbiamo operato con delle azioni di disturbo concordate, nei confronti di persone ben delineate, che anche in passato lo avevano in qualche modo agevolato o che sapevamo vicine a lui, con una azione assillante, anche perché, (siamo in dicembre 2014) sono riuscita in una operazione: firmare un protocollo con i Ros e lo Sco per una indagine comune. Anche il nipote del cuore, Francesco, destinato a essere il suo successore, che già a violenza lo aveva equagliato se non superato, è stato arrestato e sottoposto al 41bis. Tutto questo per ottenere un affievolimento nel consenso nei confronti di questo latitante. Era intollerabile – ha sottolineato il procuratore aggiunto – che lo Stato rinunciasse alla cattura di un latitante che dal ’93 sfugge agli organi dello Stato e rappresenta per Trapani una primula rossa, da imitare, ammirare, verso la quale provare una certa connivenza”.
“Questi sistemi, prosegue la Principato, hanno sortito dei risultati, anche se non quelli sperati. Si è rotto il muro di omertà che tradizionalmente ha circondato la famiglia di Matteo Messina Denaro. Ha cominciato, pur non richiedendo di essere inquadrato come collaboratore, il cugino Lorenzo Cimarosa che dopo l’inizio di una timida collaborazione (era stato già detenuto tre anni per favoreggiamento) ci ha aiutato ad inquadrarlo, a capirne la struttura mentale. Lo ha definito un parassita, un personaggio che si nutriva del lavoro degli altri senza dare niente in cambio”.
Il procuratore aggiunge che vennero arrestati altri familiari del boss “…e tutti pensarono che ci dovesse essere una reazione” da parte di Messina Denaro, “…io fui minacciata di essere destinataria di una partita di tritolo, che coincise con l’arresto dei sui familiari, ma soprattutto con l’ablazione di tanto denaro che per lui è estremamente importante. Non c’è stata solo questa conseguenza: hanno iniziato a collaborare altre due persone. Anche questo è stato un momento di rottura del muro di omertà. Inoltre dalle intercettazioni che sentivamo emergevano vere e proprie lagnanze nei confronti del latitante. Due persone si chiedono in sostanza, se non pensa alla sua famiglia, come può pensare ai trapanesi?…Matteo Messina Denaro – continua la Principato- è abituato a tutti gli artifici della latitanza dopo un arresto e dopo che le attenzioni degli investigatori si soffermano su una persona. Immediatamente cambia strada e investe su qualcosa di diverso…il boss trapanese, in questi casi immediatamente cambia strada, va all’estero, non gli mancano le occasioni e i luoghi in cui rifugiarsi in sicurezza. E’ una caratteristica di questo latitante: il fatto di procedere a degli arresti, la strategia della cosidetta terra bruciata, per lui non è adeguata, l’ho capito da un po’ di tempo…” L’audizione della Principato è molto articolata ed offre un quadro complessivo sul comportamento e sulla personalità di Matteo Messina Denaro, la primula rossa di Cosa Nostra.

di Claudio Caldarelli

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