L’ultima spiaggia
Sono durati più di cinque ore, dice l’eretico, i lavori della direzione Pd, che doveva dire una parola di orientamento sul futuro del partito, del governo e, in qualche misura, sul destino di questa povera Italia.
Una direzione che ha avuto un esito scontato e cioè un congresso frettoloso e addomesticato, senza garanzie di tempo per il governo e nessun lume sulla legge elettorale , con l’unica indicazione che possa consentire una “democrazia governante”..
Democrazia governante? Un’espressione ambigua, osserva l’eretico, soprattutto se detta in alternativa a democrazia parlamentare. E’ fatale che si stia pensando ad un sistema che escluda Lega e M5S e che porti a governi di larghe intese, anche se scongiurati da Del Rio e Cuperlo, ma in qualche misura non esclusi da Renzi (che ha citato 2 volte il candidato di centro destra Framon per le elezioni in Francia, ed 1 volta, come “sinistra estrema”, il socialista Hamon).
Questo perché, osserva l’eretico, solo nell’ipotesi di un risultato elettorale oltre il 40%, sarebbe possibile per il Pd un governo senza appendici. Risultato francamente, poco probabile, anzi, impossibile. E del non auspicabile, vista l’attuale assoluta assenza di linee programmatiche, questa in comune con il M5, o di farneticanti protezionismi di destra.
Impossibile il 40% per il Pd? Il perché lo ha detto Bersani. Ha ricordato che da 3 anni il Pd è al governo ed ha governato, non bene. Quindi non ci si può illudere sul giudizio della gente comune, che chiedeva linearità, lavoro, sicurezza ed ha avuto ansia, proclami e disoccupazione. Per questo ha chiesto più tempo, per ricostituire il partito ormai inesistente sul territorio; per un congresso vero, di idee e di programma; per dare al governo la possibilità di risultati sociali, fino al termine della legislatura, così da garantire migliori giudizi della gente
Su questi temi, nota l’eretico, è stata presentata una mozione, che però dalla presidenza è stata “democraticamente” non ammessa al voto perché considerata alternativa ad un’altra, consegnata successivamente, di stretta marca renziana, con mandato all’Assemblea Nazionale per una immediata convocazione del congresso ed approvata con maggioranza bulgara, più di cento voti, solo una dozzina di contrari.
I lavori, ricorda l’eretico, sono stati aperti da Renzi, più in veste da ex(?) presidente del consiglio che da segretario Pd, per come ha difeso il lavoro fatto al governo sul fronte nazionale ed internazionale. Ha alternato aperture alle minoranze interne (non siete avversari, quelli sono fuori) a imposizioni secche (congresso subito, regole uguali al 2013, chi perde si deve allineare, il voto non lo decido io). Ha citato La Pira per dare risposte concrete “allo splendore dell’idea”, chiedendo un lavoro insieme per non prendere in giro la nostra gente (dico venite, non andate via). Ha indicato la necessità di un cambiamento di contenuti, di atteggiamenti (sarebbe stato necessario anche se avesse vinto il Si). Ha concluso dicendo che è necessario ripartire dai valori fondanti del PD, e che intende andare in giro, parlare con la gente, costruire dal basso (non più dall’alto, autocriticamente) il partito con il linguaggio del futuro.
Non c’è stata, nell’intervento, la sicurezza un po’ sprezzante dell’uomo solo al comando. C’è ancora la volontà di tornare ad essere il protagonista della scena, ma anche la sensazione che qualcosa sta cambiando, che per riacquisire il consenso non bastano più annunci, ma servono fatti. C’è la constatazione che il giglio magico non c’è più e che giovani leoni stanno proponendosi.
Passando agli interventi, dice l’eretico, in quasi tutti è stata fatto critica od autocritica per il lavoro passato, in particolare sul referendum costituzionale, evidenziando la crisi profonda della sinistra, in Italia e nel mondo alla quale non sono state date risposte e chiedendo un cambiamento di rotta, con maggiore attenzione alla povertà, al lavoro, ai giovani.
Alcuni degli intervenuti, anche della maggioranza, hanno detto “guarda, ci siamo anche noi”, come Orfini, Del Rio, Martina, Fassino.
Altri, poi, ha notato l’eretico, hanno dati segnali di un qualcosa di nuovo, forse di positivo.
Come Orlando, che ha chiesto una conferenza di organizzazione prima del congresso, perché alla crisi sociale che si è spalancata con il referendum non è stata data risposta e perché lo statuto in essere, nel passato, non ha consentito partecipazione dal basso ma solo votazioni per il leader; e mentre oggi è evidente l’esigenza di uno sforzo collettivo di elaborazione programmatica e di direzione.
Come Speranza, che ha ricordato a Renzi di avere votato sì a 50 mozioni di fiducia e no solo ad una, quella sulla legge elettorale di triste fine (e dimettendosi per coerenza da capogruppo alla Camera). Che ha fatto presente che contro la crescente intollerabile disuguaglianza tra i più poveri e i ricchi c’è stato un solo intervento, quello di papa Francesco. Che ha detto con amarezza che la scissione che pesa sul Pd non è quella possibile di cui si parla, ma quella drammatica già avvenuta tra gli iscritti, tra gli elettori, per scelte fatte, in particolare per quanto riguarda la scuola.
Come Emiliano, già sindaco di Bari, ora presidente della regione Puglia, che, pensa l’eretico, ha portato nella politica di un territorio difficile la sua esperienza e la sua correttezza di magistrato. Nel suo intervento ha spiegato i motivi della sua candidatura alla segreteria del Pd. Aveva sostenuto Renzi nel 2013, aveva creduto nel suo progetto, nel rinnovamento dei quadri, in una politica che costruisce il consenso. Poi ha dovuto ricredersi, quando da presidente della Puglia ha trovato che persone da sempre combattute in Puglia erano diventate renziane. Che sulla scuola erano state fatte scelte sbagliate. Che erano state stracciate posizioni del programma elettorale come “l’art. 18 non si tocca”. Che sul mare della Puglia erano state volute decisioni che hanno costretto 5 consigli regionali a chiedere un referendum, con il governo contro. Che ha visto negata la condizione della Carta dei Valori del Pd di non cambiare a maggioranza la Costituzione. Che quindi serve un congresso, Che quindi prima dovrebbero essere fissata la relativa legge elettorale. Che dovrebbero essere chiarite questioni di tesseramento, stante il commissariamento di molte federazioni.
Basta così, conclude l’eretico. Scissione o no nei quadri della dirigenza, la realtà non cambia, c’è già stata quella con il popolo.
Se ci sono sindaci leghisti in Emilia e grillini in Toscana, è finita una esperienza unica per l’Italia.
Che era nelle speranze di Moro e di Berlinguer.
Che aveva avuto come anticipazione l’Ulivo di Prodi.
Che era nata formalmente nel 2007, con Veltroni che fu il primo segretario.
Ora siamo nel momento delle balene spiaggiate per seguire il capobranco, usando l’immagine di Cuperlo che ha fatto un esemplare intervento di metodo.
Con Pisapia forse c’è un gruppo di volontari che gettano acqua, in nome dell’unità della sinistra, per mantenerla in vita.
Chissà, forse un domani le balene, magari con un altro capobranco, riprenderanno il mare.
di l’eretico