Dalla Costituzione alla lotta al femminicidio: come le donne hanno cambiato le leggi e l’Italia

Nel marzo del 1947 (settant’anni fa) l’Assemblea Costituente approva “con vivi applausi” l’articolo 3 della Costituzione in forza del quale l’uguaglianza di genere entra a far parte dei principi fondamentali della nostra Repubblica. Siamo alle soglie degli anni ’50 e del miracolo economico italiano: sono gli anni in cui nasce la Rai Tv, la Vespa raggiunge il milione di esemplari venduti, le Fiat 600 conquistano le strade e i frigoriferi Ignis conquistano il freddo; compaiono le prime lavatrici completamente automatiche con la carica frontale e l’obló per vedere il bucato che “si fa”. Chiudono le case di tolleranza liberando 2700 professioniste discriminate che si prostituivano sotto il controllo statale. Alle donne viene consentito l’ingresso nel corpo -solo femminile- di Polizia e un primo accesso  alla magistratura, anche se limitato alle giurie popolari e ai tribunali per minori. La Legge, negli anni 50, per la prima volta si occupa della tutela del lavoro femminile: vieta di licenziare le donne dall’inizio della gravidanza fino al compimento del primo anno di età del bambino, vieta di adibirle a lavori pesanti o in luoghi insalubri e di farle lavorare nei tre mesi precedenti il parto e nelle otto settimane successive.

Negli anni ’60 Lisa ha gli occhi blu, ed é a-abbronzatissima, sotto i raggi del sole. La famiglia le chiede di mantenersi  vergine fino al matrimonio, peccato che la minigonna di Mary Quant le imponga di scoprire nuove nudità. Arriva in quegli anni in Italia la pillola anticoncezionale a separare il sesso dalla procreazione, ma il suo impiego è limitato a scopi terapeutici. La moda cambia l’orizzonte, guarda ai giovani, si reinventa e si sorprende democratica, alla portata di tutti. La musica beat suona nei mangiadischi Geloso, i giovani scoprono l’impegno politico con le contestazioni del ’68 e gli atenei in rivolta. In alternativa agli stili di vita familiari si sperimentano le Comuni: politiche, psichedeliche, mistiche, femministe, teatrali, agricole: tutte teorizzano l’abolizione della proprietà privata. Mentre l’uomo sbarca sulla Luna, la Repubblica Italiana si occupa di nuovo delle donne: abolisce  la clausola del nubilato vietando qualsiasi licenziamento in conseguenza del matrimonio, istituisce presso l’Inps la gestione separata “mutualità pensioni” per l’assicurazione volontaria delle pensioni delle casalinghe, consente alle donne di accedere a tutti, proprio tutti gli impieghi pubblici, compresa la magistratura.

La strage di Piazza Fontana apre agli anni 70 e alla la strategia della tensione.  La 600 esce dal listino Fiat, nelle abitazioni entrano i ferri da stiro a vapore, le tv private, i pannolini usa e getta, gli shorts e i pantaloni a zampa d’elefante. La donna é bella senz’anima per Cocciante, per Vasco Rossi é un’alba chiara dai pensieri strani. E mentre le Brigate Rosse uccidono Aldo Moro i ragazzi sfrecciano sui Ciao e sui Garelli, o vanno in India in autostop; le femministe bruciano in piazza i reggiseni e nelle autoradio si ascolta discomusic. Anche se nelle librerie italiane si vende il libro Porci con le ali, Montale si aggiudica il premio Nobel. La legislazione italiana, guardando all’universo femminile, in quegli anni ’70 introduce il divorzio, riforma il diritto di famiglia, acconsente alla propaganda e all’uso dei mezzi contraccettivi (fino ad allora vietati), istituisce consultori per la procreazione responsabile, legalizza l’aborto e vieta la discriminazione delle donne nell’accesso al lavoro. Gli anni ’80 scorrono sugli schermi all’insegna dello spettacolo: l’Italia trionfa ai mondiali di Spagna, il calcio da sport diventa fenomeno di costume, affare di Stato, grande business. Da calciatori a calcio-attori, la ola degli stadi  gonfia il divismo di Falcao fino a straripare nella santificazione di Maradona. Il Commodore 64 inaugura l’epoca dell’home computer, nascono Canale 5, Rete4 e Italia 1, il pubblico televisivo diventa “target”, Margareth Thatcher é la Lady di ferro, guida la Gran Bretagna insieme  a un’altra donna, la regina Elisabetta; Madonna é la regina del pop. Milano si afferma capitale economica d’Italia ed esprime il suo presidente del consiglio: Silvio Berlusconi.La legge italiana in questi fiduciosi anni ’80 impone la presenza femminile nei ruoli dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza e abroga, con un provvedimento attesissimo dalle donne,  l’istituto del matrimonio riparatore (il reato di stupro si considerava estinto se l’autore del delitto sposava la sua vittima) e il cosiddetto delitto d’onore, che prevedeva una sensibile riduzione della pena per chi uccideva coniuge, figlia o sorella per difendere l’onore della famiglia leso a causa di una illegittima relazione carnale della vittima. Stabilisce inoltre un’indennità giornaliera di maternità per le lavoratrici autonome, le coltivatrici dirette, le artigiane e le commercianti. Per reintrodurre nel pubblico impiego le donne impegnate in età giovanile nella cura dei figli, eleva a quarant’anni l’età richiesta come requisito per la partecipazione ai concorsi pubblici. Ma é solo negli anni ’90, sull’onda di iniziative europee, che la legislazione italiana  interviene fattivamente per garantire l’uguaglianza lavorativa tra uomini e donne, con agevolazioni e finanziamenti per le imprese “rosa”. Sono gli anni del Telepass, delle Pay Tv, delle prime e-mail, degli attentati a Falcone e Borsellino, degli scandali di Mani Pulite. Tangentopoli scioglie DC e PSI, PC e MSI cambiano nome, nascono Forza Italia, l’Euro, Google e Dolly, la pecora clonata. Il telefono cellulare diventa strumento di massa, il karaoke di Fiorello un palcoscenico per la massa di incompresi. Per legge lo stupro passa da reato morale a violenza sessuale, viene introdotto l’assegno di maternità ai nuclei familiari con almeno tre figli, la parità di quote nelle elezioni comunali e provinciali. L’assicurazione contro gli infortuni domestici diventa obbligatoria per le casalinghe, alle donne é consentito svolgere il servizio militare.

Col terzo millennio crollano le torri gemelle, l’ADSL garantisce l’accesso a internet, nelle cucine entrano i piani cottura a induzione, senza fiamme e senza perdite di gas, le primavere arabe col loro carico di migranti in mare. Nasce un sanguinario Stato Islamico, gli Stati Uniti eleggono Obama,  il primo presidente con la pelle nera, la Santa Romana Chiesa ripesca dai confini del mondo un papa Francesco in odore di santità. La comunicazione é privilegio dei social network, l’Italia vara una serie di leggi nuove per le donne: l’introduzione del reato di stalking, dell’obbligo delle quote rosa nei consigli d’amministrazione delle società quotate nei mercati regolamentati, il varo del “decreto anti-femminicidio” sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. La famiglia cambia aspetto, allineandosi ad una nuova percezione della società: vengono regolamentate le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le convivenze di fatto, sia omosessuali che eterosessuali.

Considerando l’infinita produzione legislativa italiana (nelle prime quattro legislature, in poco piú di 20 anni il Parlamento italiano ha prodotto almeno una legge al giorno, festivi compresi) le leggi dedicate alle donne non sono tantissime. Nonostante gli indubbi passi avanti compiuti, l’Italia si colloca soltanto al cinquantesimo posto della classifica del gender gap nel mondo, come rivela il rapporto  annuale del World Economic Forum, con un peggioramento di nove posizioni rispetto allo scorso anno. l’ultimo rapporto annuale dell’ISTAT  registra una netta sproporzione tra il tasso di occupazione maschile e quello femminile, con quasi 20 punti di differenza percentuale, a conferma che ancora molto c’é da fare per attuare pienamente il principio sancito dall’articolo 3 della costituzione, per realizzare il sogno dei padri  costituenti, e in particolare delle madri costituenti, quelle che scelsero il simbolo della mimosa per la prima festa della donna celebrata, l’8 marzo del 1946, nell’Italia finalmente in pace.

di Daniela Baroncini

 

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