Il rottamato sol dell’avvenire

Disarcionato al torneo cavalleresco e carnascialesco del referendum costituzionale, il nostro Ivanoe dell’Arno rimonta in sella, pronto a una nuova tenzone che gli restituisca onore e gloria. Dal sottosuolo si avverte nettamente lo scalpitare degli zoccoli. La cavalcatura è sempre la stessa: il ronzinante Piddì, il quale ha perso anche un po’ di criniera, o di pidocchi, come usava dire una volta Togliatti dei fuoriusciti. Questa volta, però, ha uno scudiero: il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina. Perché accanto al nome di ogni presidente che si rispetti deve sempre apparire quello di un vice. Non si può infatti seriamente pensare che egli si voglia limitare alla vittoria nelle primarie per la segreteria del partito (che ha già in tasca), o al mero ritorno al Governo. No, lui vuole anzi tornare con un programma addirittura più vasto e guascon che pria. La montagna della riforma costituzionale che si è fatta crollare da solo sui piedi apparirà come la piramide-ghiacciaia nana alle Cascine (10 mt) rispetto all’Alpe con ghiacciaio eterno che vuol far svettare sopra la pianura dei libri di storia del futuro. Non gli manca certo improntitudine e sprezzo del pericolo per affrontare questo nuovo assalto e il conseguente rischio di spezzarsi di nuovo e definitivamente la cervice.

Dunque la vera posta in gioco di Renzi è il futuro. Giustamente, perché mai come in questo nostro presente lo scontro tra passato e futuro si mostra così lacerante, cruciale. Anche perché questo è il vero tema che ha messo già da tempo all’ordine del giorno e su cui è rapidamente cresciuto e continua a crescere il suo vero avversario: Beppe Grillo. Appena oltre la soglia del passaggio di secolo e di millennio è tutta la politica – quale orizzonte pratico e teorico della vita umana – ad apparire come inesorabile passato. L’apparato tecno-scientifico – ossia quello relativo alle applicazioni tecnologiche sempre più avanzate della ricerca scientifica – si vede salire come un inedito astro nel cielo della nostra storia. Grillo e Casaleggio senior hanno posto alla radice l’obiettivo della liquidazione, ossia della liquefazione in senso letterale, di tutta la vecchia ferraglia politica otto-novecentesca dentro il forno del nascente e crescente tecno-apparato. Ma il loro Movimento 5 Stelle è poi davvero all’altezza di tale trapasso epocale? Lo vedremo. Intanto è però chiaro che il vecchio apparato politico-burocratico, partitico-amministrativo, corrotto-elefantiaco, invece, Renzi deve trascinarselo tutto dietro.

La sempre più spinta tecnicizzazione della finanza globale ha reso già da tempo ancora più vistose e anacronistiche le arretratezze specifiche della situazione italiana. Renzi continua a spingere sull’acceleratore delle riforme costituzionali, della scuola, del mercato del lavoro, del taglio della spesa pubblica, ma questo significa soltanto continuare ad addossare i nuovi spietati costi del futuro solo sulle spalle dei molti che già sono schiacciati da quelli insopportabilmente esorbitanti del passato. Un chiarimento. La spesa pubblica rappresenta in sé un volano dell’economia reale, perché mette in circolo una massa monetaria tale da indurre un fattore moltiplicativo il quale, a sua volta, innesca un meccanismo di investimenti e consumi più vasto. Quello che non è più concepibile – e su cui specula senza pietà la tecno-finanza informatizzata – è l’immane massa di risorse, sprechi, evasione e corruzione attraverso cui l’apparato politico voracemente si alimenta al fine di riprodurre e ingigantire solo sé stesso. La situazione è aggravata da un altro inedito elemento sul piano dell’economia mondiale. La crescita di paesi emergenti quali la Cina, l’India, il Brasile e altri – al di là degli andamenti periodici – riduce strutturalmente i margini di profitto dei paesi più avanzati. Riduce cioè quello strato di grasso da suggere che prima colava abbondantemente per l’avanzo positivo tra l’acquisizione di materie prime a prezzi di rapina e i ricavi di vendita dei prodotti industriali. La rotta di Renzi verso il futuro è così condizionata, zavorrata da tutto questo ammasso di ferraglia sia archeo-politica sia vetero-economica. Ferraglia da cui egli stesso proviene e di cui non può pertanto facilmente liberarsi, perché essa lo sostiene e insieme saldamente lo trattiene. Ecco allora che il Tosco Ivanoe non può che interpretare la contemporaneità, il futuro in unico modo: spogliando del tutto la massa sociale per assoggettarla alle attuali spietate pretese e leggi del mercato non più del lavoro, bensì del lumpen-lavoro. Non vale più, infatti, la classica distinzione tra classe operaia e Lumpenproletariat, letteralmente proletariato straccione, in italiano sottoproletariato, l’accattone di Pasolini. No, oggi abbiamo la rottamazione di entrambi a un futuro d’accattonaggio con permanente indebitamento a vita, dalla prima luce del mondo all’ombra ultima delle palate di terra. Per questo Renzi, in quante piroette, giri di danza, salti acrobatici vorrà esibirsi, sempre con questa bruta, sotterranea realtà dovrà scontrarsi.

Il fatto che la web-visione originaria di Grillo-Casaleggio preveda l’eliminazione progressiva, seppure rapida, dell’attuale rugginosa cintura politico-economica non significa che il M5S sia poi davvero all’altezza di un simile cambio di scenario storico. Più che all’altezza, infatti, bisognerebbe stare al sottosuolo degli epifenomeni di superficie. Bisogna inabissarsi, comprendere, afferrare le radici più profonde della nostra civiltà per capire da dove arriva e dove si dirige il cambio di paradigma in atto. Francamente il più dei seguaci, degli amministratori, degli esponenti, fino alla sua cuspide visibile sembra ben lontano da una simile capacità. Anzi molti di essi oltre il vuoto di “Onestà, onestà!” non sanno proprio andare, tanto che a volte capita loro anche di contraddirlo smaccatamente, pacchianamente. Eppure, proprio per la radicalità del loro tentativo, che deve contemplare – necessariamente – la non alleanza con alcuna delle vecchie forze, è destinata a continuare ad attrarre consensi, perché l’alternativa a essa è la certa stracciatura del futuro a lumpen sol dell’avvenire.

di Riccardo Tavani