Cosa resta oggi di Antonio Gramsci.

Sulla figura e sull’opera politica di Antonio Gramsci, dalla sua morte ad oggi si è scritto e parlato molto. Ma della sua memoria, come del partito che fondò, il Partito Comunista Italiano, oggi non resta quasi nulla, se non qualche gruppuscolo extraparlamentare che si richiama, più o meno sinceramente, ai suoi valori e una forza politica di governo, il PD, che da questo è derivata, ma delle cui linee oramai non ha più nulla. Paradossalmente, per trovare un leader di popolo che si richiami a lui, dobbiamo lasciare l’Italia e guardare allo spagnolo Iglesias, di Podemos!, che lo cita tra i suoi riferimenti politici e culturali, definendo il suo pensiero come sempre attuale.
Addirittura, malgrado i suoi Quaderni Dal Carcere siano stati anche studiati a scuola per decenni, come una sorta di anomalo oblio lo circonda coi suoi connazionali: in un suo articolo, Michele Serra polemizzò con l’ignoranza di certi attivisti della prima Forza Italia, che provarono a intitolare a suo nome il proprio circolo, poiché la sede era nella via a lui dedicata, senza che nessuno di loro si fosse ricordato chi fosse stato (o si rendesse conto della figuraccia).
Per tutto ciò, di Gramsci potremmo dire che oggi è…”dimenticato”…

Eppure, tra i suoi tanti scritti, ve ne sono molti che sembrano descrivere il mondo di oggi e ve ne sono altrettanti che non possono che lasciare degli interessanti spunti di riflessione, tra chi si interessi di qualcosa di più che di trasmissioni trash, di risultati calcistici o dei Socials-copia-e-incolla…
La sua frase: “Odio gli indifferenti. Credo (…) che «vivere vuol dire essere partigiani». Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita (da: La città futura, numero unico, 11 febbraio 1917)” da sola basterebbe a sottolineare la decadenza della coscienza civile e politica odierna.
Oppure, quando scriveva: “Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza. (da: L’Ordine Nuovo, 1° maggio 1919)” oggi può mostrare la pochezza dell’imperante pressappochismo e dell’abulia dei “rivoluzionari da tastiera”.

Ma pure il suo umanissimo: “Non ho mai voluto mutare le mie opinioni, per le quali sarei disposto a dare la vita e non solo a stare in prigione [… ] vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho dato: ma non potevo fare diversamente. La vita è così, molto dura, e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini (dalla lettera alla madre, 10 maggio 1928)” riesce a rendere conto del significato profondo di chi lotti consapevolmente per un qualche ideale, pur se ciò costi in termini di dolore interiore.
Purtroppo, alzando lo sguardo sul panorama internazionale, dopo averlo posato su quello nostrano, assistendo alle vicende di un mondo sempre più tecnologico, sempre più lacerato in estremismi (religiosi e non), sempre più distante da umani valori universali -primo tra tutti la fratellanza- e sempre più imprigionato in una crescente spirale d’egoismo, non si può non pensare a quest’altra sua celebre frase: “Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri”
Ad ottant’anni dalla morte, pur se il suo pensiero politico resta vivo ed attuale, Gramsci, per la maggioranza dei suoi connazionali, resta praticamente uno sconosciuto. Ed i valori per cui ha combattuto, ha sofferto ed è morto, nella coscienza dei più, si vanno perdendo…

di Mario Guido Faloci

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