Lo sfruttamento minorile che nega il diritto all’infanzia

Più di dieci anni fa Repubblica, tra le pagine del suo giornale, raccontava le storie di bambini schiavi: c’era Foussenatou, 13 anni, che aveva lasciato la sua Costa d’Avorio per il Benin, perché venduta come schiava dalla sua famiglia. C’erano Mohen e Nihal, due fratelli pakistani, che tessevano tappeti in India dall’età di 4 anni. C’era Gilberto, ragazzo brasiliano, che a 14 anni aveva già fatto il lavavetri, l’attore di strada, il musicista e il pescatore.

Purtroppo ad oggi non abbiamo motivo di credere che la situazione nel mondo sia migliorata.Dati Unicef parlano di oltre 150 milioni di bambini schiavizzati, coinvolti nel lavoro minorile. Lo sfruttamento lavorativo dei più piccoli deve essere distinto in “child labour”, per cui si intende un tipo di sfruttamento economico che vìola il benessere psico-fisico, e il “children’s work”, che consiste nel coinvolgere il minore in attività più leggere tali da non pregiudicare istruzione e salute. Nell’Africa Subsahariana sono ancora 69 milioni i bambini coinvolti nella prima forma di sfruttamento, contro i 44 milioni asiatici.

Ci sono tanti tipi di lavoro in cui assumere un bambino: molti sono ingaggiati per la strada, dove raccolgono rifiuti o vendono cibo e bevande. A Dakar, capitale del Senegal, sono 8 mila i bambini-mendicanti. Un milione di bambine, tra cui rientra anche una più piccola percentuale di maschi, ogni anno finiscono in giri di sfruttamento sessuale. Poi ci sono quei “piccoli dipendenti invisibili”, che sfuggono ai radar perché nascosti tra le mura delle case, dove lavorano a livello domestico e familiare.

Dati Ilo-Ipec parlano di 74 milioni di minori coinvolti in “mestieri pericolosi”, per cui si intendono la raccolta nelle miniere, l’utilizzo di sostanze chimiche e pesticidi agricoli o macchinari non sicuri. L’attività estrattiva a spese di piccole mani e corpi esili è molto sfruttata in Cambogia, tra le file di tè nelle piantagioni dello Zimbabwe ci sono bambini, così come in India tappeti e bracciali di vetro sottraggono ore al divertimento di molti piccoli.

Un minore arriva ad essere un lavoratore perché finisce coinvolto in tratte create ad hoc, per assemblare manovalanza: Save the Children ha stimato che nel 2010 sono state coinvolte in queste tratte 9,500 persone, di cui il 15% non aveva ancora raggiunto la maggiore età.

Per non parlare dei numerosi orfani o minori che viaggiano nel Mediterraneo sulle nostre per raggiungere le nostre coste senza genitori. Immaginate di essere soli, lontani chilometri da casa, in un Paese che non conoscete, di cui non parlate la lingua e un uomo vi offre un lavoro, uno qualsiasi. Sono mesi che viaggi e i tuoi, se non sono morti o non sono lì con te, hanno investito tutto quello che avevano per salvarti la vita. Minimo ti senti in dover di accettare, ma non sai a cosa vai incontro.

di Irene Tirnero

Print Friendly, PDF & Email