Fake Art: mostre senza quadri

Il laese della Fake Art, una specie di big mac museale, in Italia inizia la corsa alle mostre “immersive”, dove paghi circa 12 euro e vedi proiezioni di quadri in movimento. Non c’è olio ne tela, neanche la cornice, manca proprio il quadro, ma paghi. Tutto in proiezione, ma senza opere. Pensate ad una bruschetta senza pane, o un bicchiere di vino senza vino, o un sorriso senza il volto. Tutto è Fake, falso. Sono le videoproiezioni, le riproduzioni, le sostituzioni dei quadri, che ricordano le opere e le evocano ai visitatori dei musei italiani. Sono la Fake Art dei musei che le ospitano. Sono consapevoli di allestire una mostra senza tele, non se ne vergognano, anzi ne vanno fieri al punto da montare una grande campagna pubblicitaria per diffondere la notizia. È tutto “Experience”, no olio su tela e odore di antico, di sudore, di anima e disperazione dell’artista, tutto “Fake” falso. L’arte viene smaterializzata, questo il nuovo concetto innovativo di fruire le mostre, dove guadagnano i musei che non spendono per allestire, ma ci perdono i visitatori che non avranno più la possibilità di avvicinarsi ad un originale del seicento. È il Mc Donald delle mostre: hamburger per tutti. Tomaso Montanari, storico dell’arte alla Federico II di Napoli dice che c’è una grande confusione, pare non ci sia più alcuna differenza tra cultura e mercato. La cultura ci rende cittadini, ci permette di conoscere la realtà. Il mercato, al contrario, ci rende prigionieri. C’è una distinzione tra visitatori e spettatori paganti. Il cittadino è in grado di scegliere, lo spettatore pagante è guidato dal marketing che gli indica cosa volere. Pagare 12 euro per vedere opere virtuali è veramente immorale e diseducativo, lucrare sulla incapacità di scegliere di migliaia di persone e come rubare caramelle ad un bambino. Dovremmo spiegare che tra le opere originali e le videoproiezioni c’è la stessa distanza che esiste tra sesso orale e sesso virtuale. La Fake Art piace solo a chi ci guadagna e agli spettatori paganti, che hanno perso la cultura di essere cittadini, e vedono solo ciò che i giornali gli propongono con un qualche conflitto di interessi, come nel caso della mostra “Fake” di Klimt, organizzata dal Sole 24 Ore. “Ecco, questo è il delitto perfetto: coincidono allestimento, pubblicità e magari recensione” per dirla alla Tommaso Montanari.

di Claudio Caldarelli

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