Ricordando Simone Veil
Simone Veil nacque a Nizza il 13 luglio del 1927. La sua vita è stata densa di avvenimenti, un susseguirsi di impegni, a cui grazie alle sue capacità ha saputo far fronte. Era ancora una ragazzina quando, con la sua famiglia, è stata deportata ad Auschwitz, nel campo di concentramento. Un momento doloroso che la vedrà sopravvivere insieme alla sorella, uniche capaci di resistere agli attacchi e alle sofferenze inflitte loro dai nazisti. Il suo numero tatuato sulle pelle era il 78651, un numero legato a difficili ricordi.
Simone Veil, nel corso della sua, vita ha sempre cercato di non far dimenticare, di mettere in evidenza cosa sia stata la Shoa, ricordando l’immenso numero di persone uccise dai tedeschi nazisti, in modo sistematico per anni, nell’indifferenza del mondo. La sua liberazione avvenne il 27 gennaio del 1945, come quella di tanti altri sopravvissuti, in quel giorno che in seguito è stato dedicato alla memoria.
Il suo vero cognome era Jacob, ma nel 1946 assunse quello di Veil dal marito, Antoine Veil. La sua laurea in giurisprudenza, la sua preparazione, intelligenza, la portarono a essere la prima donna eletta al Parlamento europeo. E’ stata magistrato fino al 1974, quando fu nominata ministro della sanità, essendo presidente Jacques Chirac e, anche in questo caso, fu una delle prime donne ministro.
La sua lotta per far approvare la legge sull’aborto le costò sicuramente durissimi attacchi, in un periodo in cui non era ancora quasi reputato possibile accettarne l’idea, in una considerazione del rispetto della salute fisica e mentale delle donne che abortivano ugualmente, risolvendo da sole, ma rischiando la vita senza che vi fosse, allora, nessuna considerazione per la loro vita. Una legge che gli oppositori contestarono con forza, arrivando anche a portare un feto sotto formalina sul tavolo dei ministri.
Nel 1979 in uno schieramento apertamente sostenuto da Giscard D’Estaing fu eletta, prima donna, presidente del parlamento europeo.
Il suo nome resta legato alle grandi battaglie per i diritti delle donne. Era una donna carismatica, in grado di farsi ascoltare anche in tempi in cui l’essere donna poteva costituire già di per sé un ostacolo. Per lei però questo non ebbe alcuna influenza. L’esperienza vissuta nei campi di concentramento, aver vissuto sulla propria pelle la terribile “marcia della morte”, l’aveva resa una donna forte ma anche particolarmente sensibile, qualità quest’ultima ereditata forse dalla madre che la stessa Simone Veil ricordava essere stata donna di animo gentile, attenta ai bisogni del prossimo.
Si occupò di migliorare le condizioni dei detenuti nelle carceri, per il rispetto della dignità umana; si occupò di salvare la vita agli indipendentisti algerini. Ebbe sempre una particolare attenzione per le persone meno fortunate e forti.
Nel giorno della sua commemorazione al Parlamento europeo di lei si è detto che “la storia della sua vita è la storia del nostro continente …” e non si può far altro che concordare. Nel suo discorso di investitura ha fatto un discorso che ancora oggi è attuale, nel quale sono presenti le aspettative e le speranze dell’intera Europa, con una visione quasi premonitrice di ciò che Europa avrebbe significato in futuro. Era una donna consapevole e capace di grandi visioni. Una donna rara.
di Patrizia Vindigni