Femminicidio: fenomeno moderno o antico retaggio

Palmanova (Udine), 1 Agosto: sono da poco passate le nove di mattina quando Francesco Mazzenga, trentasei anni, dopo aver vagato per una notte intera, si presenta presso il comando della polizia stradale dichiarando di aver ucciso la propria fidanzata, e di avere con sé il cadavere. Lo scenario che si presenta agli occhi degli agenti increduli è esattamente quello descritto: il corpo di Nadia Orlando, ventuno anni, giace sul sedile del passeggero accanto al guidatore, lì dove era salita di sua spontanea volontà, come tante altre volte nel corso dell’ultimo anno. Nadia e Francesco, infatti, avevano una relazione; colleghi di lavoro (entrambi impiegati presso un’azienda specializzata in protesi ortopediche) da qualche tempo avevano iniziato a frequentarsi, nonostante le perplessità della famiglia di lei, che non vedeva di buon occhio questo rapporto, soprattutto per l’evidente differenza di età. E se Nadia, in un primo momento, come tutte le ragazze innamorate, aveva difeso la sua scelta, negli ultimi tempi aveva invece espresso timore nei confronti di questo fidanzato, da lei stessa definito “possessivo e geloso” in uno sfogo con un padre in lacrime per la sensazione di impotenza e di incapacità di affrontare la situazione. Quella sera Nadia ha accettato di incontrare Francesco; negli ultimi giorni avevano avuto un litigio, probabilmente Francesco ha tentato una riconciliazione, e molto più probabilmente Nadia aveva deciso di chiudere. Una discussione iniziata, secondo alcuni testimoni, lungo le rive del fiume Tagliamento, dove i due si erano fermati a parlare su un muretto, e degenerata poi in macchina, dove (stando al racconto di Francesco) lui avrebbe tentato di strangolarla senza riuscirci, ma poco dopo essersi liberata dalla sua morsa Nadia si sarebbe sentita male, avrebbe accusato difficoltà respiratorie, per poi accasciarsi poco dopo. Le indagini sono ancora in corso, e molti sono gli aspetti ancora da chiarire; il racconto di Francesco, infatti, presenta molte incongruenze, a partire dalla causa della morte: l’autopsia, infatti, ha dimostrato che la morte è sopraggiunta per asfissia, e non per strangolamento come da lui stesso dichiarato. Sono in corso accertamenti su un cuscino rinvenuto nella Toyota Yaris protagonista del macabro peregrinaggio, l’automobile stessa è stata posta sotto sequestro; elementi che potrebbero fornire una versione dei fatti radicalmente diversa da quella raccontata dall’omicida, e che potrebbero cambiare la sua posizione. Francesco, intanto, è stato trasferito in carcere dal reparto di psichiatria dell’ospedale di Udine, dove era stato in un primo momento ricoverato perché in stato di shock e perché aveva dimostrato tendenze autolesioniste. L’intera comunità di Dignano si è stretta intorno alla famiglia di Nadia, distrutta dal dolore, e si domanda se questo epilogo non fosse annunciato. Melania Rea, uccisa dal marito che ne ha poi denunciato la scomparsa; Chiara Poggi, massacrata nella sua villetta dal fidanzato; Sara di Pietrantonio, arsa viva dall’ex perché lei lo aveva lasciato; questi sono solo alcuni dei nomi di una lista infinita che ha per protagonista donne, vittime di un fenomeno talmente vasto e drammatico da meritare la creazione di un neologismo a sua definizione: femminicidio, o omicidio di genere. Con una media di 150 uccisioni l’anno (solo nel 2016 sono state 120 le vittime di femminicidio), una ogni due giorni, il fenomeno continua a essere uno dei più gravi problemi sociali. Nella maggioranza dei casi le morti avvengono per mano di mariti, fidanzati o ex. Spesso la morte è l’epilogo di maltrattamenti, minacce e violenze di vario genere, e altrettanto spesso conclusione di fenomeni persecutori (stalking) ampiamente denunciati e sui quali non si è intervenuti in maniera abbastanza efficace. Difficile sintetizzare un fenomeno di tali proporzioni in poche righe: di sicuro affonda le sue radici in un passato in cui le donne sono sempre state vittime e sottomesse (così come ancora in molte culture ancora lo sono), e nella difficoltà di liberarsi di questo antico retaggio. Di certo c’è che questo fenomeno deve essere duramente affrontato e combattuto sotto ogni aspetto possibile: sociale, legale, educativo e di prevenzione; ma, soprattutto, è necessario che le donne per prime acquisiscano una nuova consapevolezza di se stesse, che le porti al rifiuto di qualsiasi forma di violenza (fisica o psicologica che sia) affinché non si debba più sentir parlare di donne vittime dell’inadeguatezza di alcuni uomini.

di Leandra Gallinella

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