I testimoni di giustizia. Vite in pericolo e una legge ancora da approvare

E’ bastato un emendamento a trasformare la speranza e la vita dei testimoni in un giustizia in una nuova dannazione. La speranza di poter estendere la tutela alle proprie famiglie, di poter avere una legge volta alla loro tutela, al momento sembra essere stata vanificata dalla subentrata necessità, a causa della modifica apportata al testo di legge, di una nuova approvazione delle camere. A questo punto risulterebbe necessario, perché si possa procedere rapidamente, riportare la legge allo stato originario.
E questo è quanto auspicano i testimoni di giustizia.
La vita di un testimone è caratterizzata da molte difficoltà. Chi diventa testimone di giustizia per tutelare la propria vita e quella dei propri cari perde, in un attimo, il proprio lavoro, il proprio quotidiano, la possibilità di incontrarsi con gli amici, di assistere ad una partita o ad un concerto, la libertà di spostarsi liberamente. E tutto questo non riguarda solo la vita di una singola persona ma finisce con il coinvolgere tutti gli appartenenti al nucleo familiare che, da quel momento, per un gesto di civiltà e coerenza con la propria coscienza, si troveranno a condividere paure, sconforto, disillusione, minacce alla vita.
La disillusione, insieme alla paura, forse è uno dei sentimenti più forti.
Scoprire che aver deciso di testimoniare contro il marciume, contro chi ha ucciso, rubato, con o senza la collaborazione di qualche struttura mafiosa, significa distruggere la propria vita, sentendosi quasi un peso per una società che ricambia con indifferenza tanta sofferenza, è un dolore che risulta palpabile nelle parole di ciascuno di loro.
Non sono moltissimi i testimoni di giustizia ma trovare la copertura finanziaria per permettere loro di vivere una vita dignitosa sembra impossibile. Gli stessi spostamenti per essere presenti in tribunale quando necessario, non sempre sono previsti. A volte sono chiamati a spostarsi a spese loro, a volte si ritrovano da soli in una stazione o in un aeroporto, con la paura nel cuore di poter essere riconosciuti, seguiti, uccisi, da chi hanno denunciato, da chi non aspetta altro che un loro passo falso.
Non è opera di fantasia, sono cose che accadono in continuazione nella loro vita. Nella loro vita e non nella nostra che, invece, prosegue, tra un caffè caldo prima del lavoro e il ritorno a casa senza necessità di scorta.
La scorta che non può essere una panacea o la soluzione “per sempre”. La scorta che non è un piacere ma un impedimento necessario alla libertà personale.
Chi testimonia deve poter ottenere il diritto ad una nuova vita, ad un nuovo cognome (quando necessario), non deve temere vendette trasversali, ha diritto di dimenticare di doversi guardare continuamente alle spalle. Loro sono utili, sono stati generosi nelle loro scelte, adesso e in futuro, occorre aiutarli.
La loro protesta dinnanzi al Viminale a partire da lunedì 30 è un segnale importante di stanchezza, uniti vogliono combattere e indicare il disinteresse politico per la loro vicenda. Vogliono svergognare un sistema che è pronto ad usarli fino a quando è possibile, diventando avaro nel momento in cui deve muoversi per la loro tutela. Sosteniamoli, perchè prima di essere testimoni di giustizia, loro erano esattamente ciò che noi siamo ancora, uomini liberi e con una propria vita.

di Patrizia Vindigni

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