Questo pianeta non ha trovato posto in nessuna lista

Anno nuovo, elezioni vecchie. Così le viscere tormentate della Terra vedono la superficie elettorale italiana che si agita sopra di esse. E sia chiaro non è una questione meramente ecologica. È anzi una vicenda tremendamente, maledettamente politica. Politica è parola che deriva dal greco antico polis, ossia città, città-stato. Sparta, Atene, Tebe, Siracusa, Elea e altre erano stati dalle dimensioni di singole città, con una loro piena forma di governo dentro le mura. Ad Atene, nel V sec. a. C., nasce la prima forma di governo democratico nel mondo. Aristotele dice che la politica appartiene in massimo grado, manifestamente all’arte architettonica. L’arte cioè che intreccia e combina insieme altre scienze e arti, per il conseguimento del bene supremo, ossia il bene pubblico. Cosa allontana la possibilità di conseguire il bene pubblico o lo minaccia costantemente? Certo, le avversità naturali, le carestie, le siccità, le epidemie, ma non al punto di esigere l’esercizio della più complessa delle arti umane.

C’è una minaccia, infatti, permanentemente incombente sull’intera natura che è l’uomo stesso. Declama Sofocle in Antigone nel 442 a. C: “Molte sono le cose meravigliose, ma nulla è più sorprendente dell’uomo, che… consuma la Terra, la più alta fra gli dei, l’infaticabile ed instancabile, trascinando gli aratri anno dopo anno, volgendo la stirpe dei cavalli”. Nel sottomettere la natura, l’uomo deve anche farlo anche nei suoi confronti, in quanto parte della natura. Sottomettere popoli, bestie, eserciti, schiavi per consumare terra, razziarne e sfruttarne ancora altra. L’arte architettonica della politica – come massima tra le arti – è fin dall’inizio esercitata innanzitutto per il conseguimento del bene comune contro quel pericolo primario che è l’uomo stesso. L’uomo che deve difendersi da sé stesso. L’homo homini lupus coniato da Plauto nella sua commedia l’Asinaria nel 495 d. e ripreso dal filosofo inglese Hobbes nel suo Leviatano a meta del 1600. Il più feroce dei lupi per il lupo stesso. Un lupo, un nemico armato fino ai denti che minaccia da fuori o da dentro le mura della città-stato. Armato della violenza che – dal più piccolo gesto all’atto più grande – gli occorre per assoggettare la natura e l’uomo in essa. Violenza che espone la polis al rischio permanente della guerra civile, della rivolta aperta, di altra violenza per le strade e i palazzi. La politica deve domare innanzitutto questa origine sotterranea e sempre in atto del pericolo letale che è l’uomo per l’uomo. Sotterranea nel senso di potenza ctnonia, divinità buia dell’abisso senza fondo che c’è sotto lo strato di superficie assoggettato. Quasi un Giove di sotterra, infinitamente più potente, proprio perché oscuramente più minaccioso di quello che regna luminoso sull’Olimpo.

Oggi il dominio umano sulla Terra si è mostra nel suo volto di distruttore ormai fuori controllo dell’intero pianeta. Non appena messe a punto alcune misure di salvaguardia mondiale con il vertice di Parigi del 2015 (Cop 21), subito l’accordo è stato disdetto uno dei paesi principali firmatari, gli Usa, tra i maggiori inquinatori del mondo. A ruota la Cina, la Russia e ormai anche diversi paesi europei. Circa 1700 nuove centrali a carbone nel mondo sono state progettate per continuare a divellere il manto terrestre e celeste del Pianeta Azzurro. In Germania viene addirittura riportata in auge la lignite, vera e propria tinta nera delle prime polis industriali e dei polmoni umani occidentali.

Nella messa a rischio sempre più spinta della sopravvivenza terrestre, la politica svelle così il suo primo fondamento che è dentro la Terra stessa. Per questo il fondamento diventa sprofondamento nel magma dell’insensato. Lo dimostra la circostanza che le regole del nostro prossimo confronto elettorale non le conosca bene neanche chi le ha vergate. Ogni giorno emergono loro aspetti paradossali ai quali non si può ormai più porre rimedio. Per questo una direttiva europea emanata dalla Commissione di Venezia nel 2003 prescrive espressamente che le elezioni non si possano tenere prima di un anno dall’emanazione di una nuova legge elettorale: pena la violazione del diritto civile degli elettori di essere informati e conoscere a fondo il meccanismo del gioco cui sono chiamati a partecipare. Dunque non solo insensato ma persino illegittimo – rispetto alle stesse proprie leggi – ormai il fondamento della politica, la quale aveva nella scelta elettorale il suo punto di diramazione verso tutte le istituzioni di governo e rappresentative.

I programmi elettorali dei partiti continuano a rivolgersi ai cittadini come non fosse in atto questo sprofondamento della politica, quale conseguenza dell’aggressione umana al pianeta. Sono programmi zombie, di figure zombie in giacca, cravatta e congiuntivi spesso sbagliati. Tentano di riaffiorare dalla polvere, dalle ragnatele, dai topi negli scantinati dei loro palazzi ma Giove di sotterra se li trascina sempre più giù. Gloriose parole come politica, economia, stato, città, salute, democrazia sono ormai solo arido terriccio nei loro cavi orali. In nessuna lista vediamo il pianeta vivente impastato nei volti, negli occhi, negli sguardi dei candidati. Nessun programma ci dice che solo ripartendo dalla Terra, ossia dal suo sottosuolo quale pensiero della materia e dell’energia in atto, noi potremmo ristabilire una nuova dimensione della politica e un rapporto inedito con essa. Sarebbe qualcosa che varcherebbe i confini delle nostre elezioni, perché è tutta l’Europa – che sta sprofondando nel nero del suo centro geografico – ad attendere una prospettiva che la sblocchi dal macigno che la sta schiacciando.

Eppure c’è chi voterà ancora, andrà al seggio, sceglierà quello che ritiene il male minore, perché del superiore bene pubblico architettonico non c’è più traccia. Certo, non mancheranno ragioni più o meno nobili o da marciapiede per farlo. C’è poco da obiettare alle pulsioni di fondo. Da chi, invece, da dove, da quale zona, area o punto del sottosuolo stratificato stia risalendo, verso la superfice del nostro sopra dolente, la voce di un ritorno al futuro dell’origine logica e luminosa della Terra, dell’esistenza, non lo sappiamo ma lo avvertiamo e qui lo scriviamo.

di Riccardo Tavani

 

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