Quella volta che … non può esistere la libertà di importunare

Siamo arrivati ad ottobre 2017 quando in America esplode il caso #MeToo.
“Se tutte le donne che sono state molestate o aggredite sessualmente scrivessero #MeToo come loro status, potremmo dare alla gente un’idea di quanto è diffuso questo problema”. L’attrice Alyssa Milano con questa frase pubblicata sul suo profilo Twitter lancia una campagna sui social network perché possano venire a galla tutti i casi di abusi e violenze sulle donne. ‘Ispirata’ dall’affaire Weinstein, l’attrice si serve della rete per far capire agli utenti di internet quanto siano effettivamente diffuse le molestie e le violenze sessuali anche tra la gente comune. In soli due giorni dalla pubblicazione del tweet, l’attrice ottiene 61mila commenti di altre donne, che raccontano le loro storie. Da hastag, #MeToo diventa ben presto un movimento che spinge alla denuncia le vittime di abusi sessuali, molestie e prevaricazioni.
#MeToo diventa in Italia #quellavoltache: ragazze giovani raccontano le ambigue proposte dei loro professori universitari, le donne raccontano le frequenti e tollerate insidie sul posto di lavoro, spesso esplicitate da chi ricopre cariche di potere, o i commenti degli sconosciuti per strada che le fanno sentire sempre in pericolo, sempre sotto un attacco continuo: anche nel nostro Paese la casistica è – purtroppo – sconfinata,.
La copertina di fine anno di Time, prestigioso riconoscimento dedicato a personaggi che influenzano il mondo “nel bene o nel male”, rende omaggio a tutte coloro che “hanno rotto il silenzio” nel mondo dell’intrattenimento, della politica, dei media e più in generale nel mondo del lavoro. La ‘persona dell’anno’ 2017, secondo Time, in realtà è fatta di molte persone. Molte donne, per la precisione quelle di #MeToo.
#MeToo che trasforma le denunce individuali in una specie di resa dei conti collettiva.
#MeToo che si rovescia come una bufera soprattutto sul mondo dello spettacolo, travolge molte persone note, perché spesso la molestia va a braccetto col potere.
#MeToo che è virale, contagioso.
Anche Oprah Winfrey, la regina americana dei talk show, alla cerimonia dei Golden Globe, affronta il tema dell’iniquità e delle molestie sulle donne. “Voglio esprimere la mia gratitudine per chi, come mia madre, ha sopportato anni di abusi perché aveva figli da crescere, conti da pagare, sogni da realizzare. Oggi il tempo è finito – ha detto citando Time’s Up, il progetto contro abusi e violenze sessuali sul posto di lavoro sostenuto da oltre 300 personalità del mondo del cinema. “A tutte le ragazze voglio dire ‘sta arrivando un nuovo giorno”, ha scandito Oprah Winfrey.
Standing ovation.
#MeToo piace a molte, ma non a tutte.
In Francia, dove il dibattito sulle molestie sessuali assume un carattere particolarmente aspro, cinque intellettuali francesi schierano su un fronte opposto, scrivendo una lettera aperta contro quello che considerano il nuovo puritanesimo espresso dal movimento. La lettera, pubblicata da Le Monde, porta la firma di un centinaio di donne del cinema e non solo, tra le quali Catherine Deneuve.
Catherine Deneuve ha alle spalle una lunga storia di battaglie femministe, iniziata nei primi anni ’70 con l’adesione al Manifesto delle 343, scritto da Simone de Beauvoir, autodenuncia di donne che avevano abortito quando ancora in Francia l’interruzione di gravidanza non era legale. In anni più recenti ha preso posizione in altre battaglie civili, dal bando del velo nelle scuole al divieto di prostituzione.
Non è quindi la prima volta che Catherine Deneuve si esprime sul tema dell’emancipazione femminile.
“Noi difendiamo la libertà degli uomini di importunare le donne, indispensabile per una libertà sessuale” perchè, si legge nella lettera “è proprio del puritanesimo prendere in prestito, in nome di un preteso bene generale, l’argomento della protezione delle donne e della loro emancipazione per incatenarle meglio a uno statuto di vittime eterne, di povere piccole cose in balia di demoni fallocratici, come ai bei vecchi tempi della stregoneria”
Quindi,donne…lasciate che gli uomini ci provino. Sta a voi dire di no.
Come se fosse una libertà di scelta.
Non lo è.
Perché si dà per scontato l’inevitabilità di certi comportamenti da parte di certi uomini di potere. Perché si lega il tema della libertà di importunare al tema della libertà sessuale, compiendo un clamoroso errore semantico. Perché si dà per scontato che tutte le donne siano cresciute libere, culturalmente preparate e i loro diritti siano ovunque legalmente riconosciuti, mentre nella maggior parte del mondo il genere femminile, che rappresenta più della metà del genere umano, subisce forti discriminazioni (basti pensare alle mutilazioni genitali femminili che alcune culture africane hanno portato anche in Occidente).
Perché si confonde la sessualità col potere. Dal ratto delle Sabine in poi gli uomini conoscono benissimo il solo limite oltre il quale non possono andare. Quel limite è il consenso.: non c’è libertà di relazione tra uomo e donna quando c’è un dislivello di potere; l’abuso, la molestia, avvengono ogni volta che manca il consenso o che il consenso è viziato dall’abuso di potere.
La “libertà di importunare” , se esiste, diventa per le donne costrizione: le costringe a dover giustificare un no quando ne farebbero volentieri a meno.

di Daniela Baroncini