Il salto del grillo nell’oltre politica

Un’idea, un concetto, un’idea – canta un famoso brano di Giorgio Gaber –, se potessi mangiare un’idea, avrei fatto già la mia rivoluzione”. Avendo assistito personalmente a spettacoli di Beppe Grillo ben prima del suo urlante Vaffa alla politica, posso testimoniare quanto la sua tensione etica e didattica di massa fosse proprio verso le nuove applicazione tecnologiche della scienza, quali soluzioni già a portata di mano dei grandi, vecchi mali dell’umanità. Il suo disprezzo per governanti e politici dipendeva da questa loro abissale ignoranza in materia. Andando una volta in Parlamento, negli uffici dei vari gruppi, non aveva visto un computer in dotazione. Nei Palasport, davanti alle migliaia di spettatori che gremivano gli spalti, mostrava come si potesse telefonicamente chiamare l’altra parte del pianeta con una spesa di pochi spiccioli, contro le piratesche tariffe delle compagnie ufficiali. Registrava e inviava all’istante audio-messaggi di massa al Presidente della Repubblica. Roba che oggi fa ridere ma che tanti anni fa lasciava ancora sbalorditi. Aveva un pool di giovani smanettatori e web-ricercatori su ogni tipo di nuova tecno-soluzione a problemi, ormai del tutto incancreniti e non più risolvibili per altra via. Ha pensato che sarebbe stato sufficiente portare in Parlamento questo inedito apriscatole per “aprirlo come una scatoletta di tonno”. Che questo radicale mutamento di paradigma andasse indicato a tutti gli schieramenti politici e ideologici del tramontato Novecento per uscire dal labirinto del Minotauro e avviarsi verso la nuova insorgente epoca. Non è stato così. Prima ancora che il sole sciogliesse la cera su quelle di Icaro, l’inerzia magmatica delle istituzioni, della società, delle persone fisiche, psichiche e giuridiche, si è lentamente ma inesorabilmente ricondensata come piombo sulle ali del volo oltre l’asfissiante vetero-atmosfera della politique politicienne.

Il Movimento 5 Stelle, da lui fondato insieme a Gian Roberto Casaleggio, ancora resta – da solo – il gruppo elettorale più votato: ma è proprio quel da solo a far sentire l’eco degli scarponi che segnano il passo dentro il fango delle vecchie trincee parlamentari e territoriali. E da lì non ne escono, e sono anzi destinati a logorarsi, a esaurirsi nell’attesa, come il sottotenente Drogo nel Deserto dei Tartari di Dino Buzzati. Non è una questione di mera incapacità, impreparazione, dabbenaggine, ambiguità, settarismo, populismo confusionario dei suoi dirigenti, amministratori, militanti, seguaci, elettori e dello stesso Grillo, con il completamente inadeguato Casaleggio Jr. Al netto di tutto questo, c’è un retaggio materiale e ideale più di fondo, una cecità generale a vedere sia l’attuale declino della politica e della stessa democrazia, sia il suo vero oltre. Tale retaggio è proprio come un’atmosfera che trascende le individualità e impregna di sé gli stessi singoli ferventi aderenti. Beppe Grillo e il suo Movimento continuano a suscitare un’isteria di adesione e – all’opposto – di repulsione che tocca in entrambi i casi una sorta di reciproco, letale neorazzismo. La mentalità del Capo salvifico e del Folle malefico sono spesso due facce dell’identica moneta. Una semplificazione irrazionale della folla nel suo vorticoso agglutinarsi di colto e incolto insieme, che non sa guardare al sottosuolo delle faglie epocali in rapido movimento nella storia.

Ora Grillo va a caccia del futuro: più di quello prossimo che di quello remoto. Ossia di quello che è alle porte e si potrebbe già ora attuare o sensibilmente approssimare. Va “in cerca di folli, di artisti”, alla Steve Job. E di idee, di fatti più che di opinioni. È stufo di opinioni: “Sì d’accordo – scrive sul suo nuovo blog ora del tutto personale – ognuno ha diritto alla propria opinione, ma ha diritto ai fatti”. E i fatti-idee del futuro si chiamano robot, intelligenza artificiale, blockchain, hyper-loop, jobfication, moral machine, Li-Fi, MicroGrid, ossia la Micro Griglia per la rivoluzione energetica di quartiere, e molto altro. Il suo è già ora un continuo andare e tornare nel futuro, per mostralo e traslarci anche noi. È un diuturno e notturno tessere il futuro. È questo il suo salto, il suo volo oltre la frontiera del passato, vale a dire oltre la politica. L’obiettivo non suo ma di un’intera nuova era è quello di un paradiso tecnologico. Il notevole avanzamento scientifico e tecnico-applicativo, al passaggio del nuovo millennio, questo configura all’orizzonte umano. Chi disconosca che Grillo in questo è lucidamente dentro la tendenza strutturale dell’epoca attuale, lo fa solo perché è offuscato da cambiamenti disorientanti e insieme accecato da un’isteria che irrazionalmente si indirizza contro di lui.

No, il punto non è proprio questo. Semmai si può – con Nietzsche – rispondere a Grillo che non esistono fatti ma solo interpretazioni, ossia non mere opinioni, quanto potenti volontà di visioni diverse. Potenti nel senso che hanno potere, forza, mezzi, ricchezza in sovrabbondanza per imporsi egemonicamente sulla società e asservirla ai propri scopi. Già questo ci dovrebbe avvertire che tessere il futuro non è come filare l’arcolaio gandhiano o far scorrere pacificamente le diverse spolette colorate nel telaio dell’avvenire prossimo venturo. Che “un’idea, un concetto, un’idea” di rivoluzione tecnologica applicata all’intera scala dei gravi problemi planetari si scontra proprio con il sottosuolo di quel potere economico-finanziario che si chiama capitalismo. Un potere che non rinuncia impunemente allo sfruttamento delle terre, dell’aria, dei fiumi, dei mari e dei suoi abitanti al mero scopo del profitto privato. Ossia di quell’elemento che è insieme ragione pratica vitale e mera sopravvivenza ideologica in grado di garantire la propria astorica perpetuazione. È da queste viscere antropologiche e terrestri che sale l’ombra di cecità, incomprensione, confusione gravitazionale che relativisticamente distorce i fatti, le idee, le coscienze, le visioni, lo stesso spazio-tempo e la luce proveniente dalle stelle del futuro.

Se è vero che l’inarrestabile espandersi della Tecno Sfera mondiale sta segnando il tramonto definitivo di polis e demos al fondamento dell’Occidente, è anche vero che se una nuova civiltà oltre-politica non è anche disvelamento del suo antico sottosuolo, ciò che si vuole cacciare da porte e finestre rientrerà inesorabilmente dai tombini.

di Riccardo Tavani