Quell’astronave ebbra di calore che si chiama Terra

Un’astronave sta correndo a velocità crescente verso il suo distruttivo impatto finale. Al suo interno tutti si azzuffano violentemente per assumerne il mero comando, non per salvarla. Questa è oggi l’immagine più autentica del pianeta Terra. Lo conferma il recentissimo vertice COP 24sul riscaldamento climatico a Katowice, in Polonia. I potenti del pianeta si sono messi d’accordo su una sola cosa: continuare a combattersi ferocemente, tenendosi le mani libere da fastidiosi intralci di carattere ambientale. Eppure rimangono solo dodici anni a disposizione per evitare che il surriscaldamento planetario superi i 2° centigradi, con conseguenze irreversibilmente letali. La situazione è stata così sintetizzata dal Ministro dell’ambiente della Costa Rica, Rodriguez Echandi: “Mentre i paesi insulari parlano della loro sopravvivenza, gli stati arabi parlano di economia”. E l’ex presidente delle Maldive, Mohamed Nashed: “Ci ribelliamo contro la nostra estinzione. Se necessario, ci ribelleremo anche contro questo negoziato”.

Russia, Stati Uniti, Arabia Saudita e Kuwait sono i quattro Stati che si sono apertamente opposti a ogni pur blando obbligo da rispettare. In realtà, anche la presidenza polacca del vertice ci ha messo del suo per aiutare gli ostruzionisti. Non bastava la sponsorizzazione ufficiale dell’incontro, concessa a Polska Grupa Górniska, mega azienda mineraria mondiale, e a Jsw, gruppo indiano, oggi principale produttore carbonifero d’Europa. Non bastava l’accoglimento dei delegati al suono della Polish Coal Miners Band, ossia della banda musicale dei minatori polacchi, in uniforme nero carbone. A chiarire maggiormente il reale clima politico sotto cui si asfissiava il vertice hanno contribuito le dichiarazioni del presidente polacco Andrzej Duda: “Oggi non esiste un piano per abbandonare completamente il carbone. Gli esperti indicano che i nostri approvvigionamenti dureranno per altri 200 anni e sarebbe difficile non usarli”. E il carbone polacco è il vero cuore nero dell’Europa, con le sue circa 70 mln di tonnellate prodotte ogni anno, delle quali l’80% è destinata alla produzione energetica.

Gli ostruzionisti si sono vittoriosamente opposti persino al riconoscimento del rapporto del Gruppo intergovernativo di esperti sul clima, Ipcc, Questo rapporto era stato commissionato al Gruppo dal precedente vertice COP 21, tenutosi nel 2016 a Parigi. Un rapporto che delinea già come gravemente critico persino l’aumento di 1,5° centigradi tra il 2030 e il 2050. In realtà, Climate Action Traker, gruppo indipendente di scienziati climatologi, afferma che anche se fossero rispettati gli accordi di Parigi, la temperatura all’interno dell’astronave Terra toccherà un aumento di ben 3,3° centigradi. Un altro tema cancellato dal vertice di Katowice è stato quello dei diritti umani, che pure Parigi 2016 aveva messo in agenda, mentre ora è stato rinviato a una prossima sessione. Non poteva essere diversamente. Insieme alla sicurezza alimentare, i diritti umani sono i primi a essere negati con la crescente minaccia alle condizioni di sopravvivenza ambientale.

“Agisci in modo da trattare l’uomo così in te come negli altri sempre come fine, mai solo come mezzo”, scrive Kant nel 1785 ne La fondazione morale dei costumi. Questa massima, o imperativo categorico, del grande pensatore illuminista tedesco è stata però mai rispettata, messa in pratica dal potere economico e dalle sue istituzioni politiche? Non sembrerebbe proprio. Oggi, infatti, assistiamo alla non solo al perdurare della riduzione dell’uomo a mezzo da sfruttare, ma addirittura ma al suo regredire fino allo schiavismo e alla tratta di esseri umani. Altri due grandi pensatori tedeschi, Theodor W. Adorno e Max Horkheimer, nella loro Dialettica dell’Illuminismo(1947), mostrano come la sottomissione della natura alla ragione strumentale sia allo stesso tempo la sottomissione dell’uomo, in quanto egli stesso natura. La riduzione dell’uomo e quella dell’ambiente a mezzo, a strumento per l’estrazione di profitto economico sono due facce di un’identica medaglia. Non è però una questione puramente morale, quanto eminentemente pratica. Già il normale uso di un qualsiasi mezzo, senza neanche arrivare a un suo abuso, comporta un suo inevitabile consumo, deterioramento, rottura. L’intero pianeta è oggi ridotto a iper oggetto, ossia a immane mezzo d’uso al fine primario del profitto capitalistico. L’iper oggetto contiene al suo interno ogni altro aspetto e specie minerale o naturale che strutturalmente lo compone, compreso l’uomo.

Il mero possesso, comando, e non la salvezza dell’astronave Terra, lo rileviamo non solo attraverso questi inutili e, anzi, deleteri vertici mondiali. Il 15 dicembre scorso, Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea, BCE, ha svolto alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa un’importante lectio magistralis, con una notevole eco mass mediatica. Prima che prendesse la parola, uno studente ventunenne della Facoltà di Scienze Politiche, Tommaso Sacconi, si era rivolto a lui, toccando la dolorosa piaga della costrizione a emigrare dei giovani italiani. “Mi sento orgoglioso di essere italiano” ha risposto Draghi, quasi a offrire la sua stessa vicenda personale – fatta di prestigiosi studi e incarichi anche all’estero – a esempio da seguire, non solo per affermarsi in quanto italiano, ma soprattutto per svolgere un decisivo ruolo internazionale.

Draghi, però, nella sua pur lucidissima esposizione, non ha dedicato una parola, e neanche una pallida allusione al tema ambientale. Anche lui ha parlato – come gli arabi al vertice di Katowice – solo di economia, non di sopravvivenza. Ne ha parlato contro i sovranisti e populisti, che fanno ressa e rissa dentro e attorno la tolda dell’attuale comando planetario. Li ha sfidati soprattutto sul tema della ripresa, della produzione, dello sviluppo. Sì, ma con quali mezzi, sistemi, risorse, logiche, visioni, salvaguardie? Le stesse che hanno portato sull’orlo del collasso termico planetario? Si può obiettare che lui deve strettamente attenersi al rigore matematico-finanziario dei suoi dati, delle sue statistiche, proiezioni e argomentazioni scientifiche, proprio per dimostrare l’infondatezza logica e algebrica delle avverse grida popolane. Certo: però è appunto proprio come il caso di quel pilota che volesse rigorosamente attenersi a tutte le procedure di volo, mentre il motore del suo velivolo va a fuoco. E va a fuoco proprio a causa del normale uso, o sfruttamento del mezzo, che quelle procedure prevedono teoricamente e dettano sul piano pratico. E per un giovane ricercatore universitario italiano – come quello che ha interpellato Draghi a Pisa – cosa può davvero cambiare tra il camminare o lo stare fermi dentro un’astronave che sta correndo verso la propria deflagrazione?

L’acceso scontro di potere è solo la volgare mascherata dietro cui l’Occidente nasconde la propria oscena nudità, incapacità, non volontà di risolvere il problema. Il profitto deve restare al di sopra di ogni altra cosa, persino della salvezza, perché un pianeta non dominato da esso sarebbe davvero già la fine del mondo. Non sarà allora un caso che DeSmog, un sito nato nel 2006 per smascherare le campagne di disinformazione sul clima, denunci la presenza, al vertice di Katowice, di almeno 35 delegati di Stati Uniti, Kuwait, Russia e Arabia Saudita dipendenti e consulenti a stipendio di società e organismi operanti a favore dell’industria mineraria e petrolchimica mondiale. Forse è davvero questo che un sempre maggiore numero di scienziati non può più sopportare: che dentro un’astronave già troppo ubriaca di calore la sala motori sia affidata proprio a dei surriscaldatori di professione.

di Riccardo Tavani

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