Le piccole vittime della mafia

Il valore della vita è qualcosa di grande e prezioso e non ci vuole una grandissima capacità per percepire il grado di illiceità che sottende un omicidio.

Vittime di esecuzioni. Ma perché tanta ferocia? Uccidere per non lasciare testimoni, uccidere per compiere la propria vendetta, sfogare il proprio odio, rendere moltiplicato il danno e l’offesa che si presume aver subito. Immuni alla pietà, uccidere dà un senso di potenza, di poter decidere il destino degli altri, ci si sente come un dio del male che passa dove vuole e porta via chi vuole. Si uccide e basta. Per quanto assurdo e senza senso, per quanto efferato e ingiustificatamente crudele, si vede davanti solo il proprio scopo, per cui ogni ostacolo va eliminato senza esitazione, niente conta fuorché il raggiungimento del proprio obiettivo. Nessuna moralità. Tutti loro sono una manica di malviventi e un ricettacolo di malvagità.

Vittime, piccole vittime. Alcune appena si affacciavano alla vita, le più vecchie hanno 17 anni. Ammazzati per sbaglio, per vendette trasversali, per ragioni mai chiarite. Delitti intrecciati con i misteri più fitti di Cosa Nostra. Bambini vittime delle mafie in Italia. La maggior parte tra Sicilia, Calabria, Campania, Puglia, qualcuno anche nel resto d’Italia. Storie di vite di bambini interrotte dalla violenza criminale. Storie di tante vittime innocenti che ci hanno scandalizzato in questi anni. Vite, emozioni, sogni spezzati di questi uccisi senza nessuna colpa. Quei volti allegri, spesso giovanissimi, vogliono essere un richiamo per tutti i cittadini onesti a scegliere sempre la strada della legalità. Quei volti, tutti sorridenti, ci devono far riflettere.

La mafia non uccide i bambini? Falso. Si racconta che le mafie non tocchino i bambini, ma è solo un falso mito. Ci sono anche neonati, bambini e ragazzini tra le vittime innocenti delle mafie. Uccisi a freddo con un colpo di pistola, colpiti da esplosioni e proiettili per la sola colpa di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ma anche sequestrati, dati in pasto ai maiali, sciolti nell’acido e bruciati. Ci sono anche le bare bianche seminate dalle mafie da Nord a Sud. La regola secondo la quale i bambini non vanno toccati è solo un falso mito. Le mafie hanno sempre ucciso i bambini. Nessuno viene risparmiato. Sui piccoli si scatena la stessa ferocia usata sui grandi. Non esiste la regola del rispetto, non esiste una regola d’onore per le mafie, non hanno alcuna umanità.

Storie note e meno note. Storie di minori vittime innocenti di mafia che diventano veri e propri simboli della barbarie umana. Bambini che non vengono mai ricordati ed è giusto farlo. Così racconto la strage di Santapaola, quando la mafia fece massacrare a sangue freddo quattro ragazzini tra i 13 ed i 15 anni. Ecco i nomi: Benedetto, Lorenzo, Riccardo e Giovanni. Benedetto Zuccaro, 13 anni, Lorenzo Pace, 14 anni, Riccardo Cristaldi e Giovanni La Greca, stessa età, 15enni. Quattro ragazzi che abitano nel quartiere popolare di San Cristoforo, a Catania. È qui che crescono questi quattro ragazzini che si cimentavano nei furtarelli. Nonostante la loro giovane età hanno già una certa esperienza.

Un giorno, nel 1976, in piena estate, fanno però il passo più lungo della gamba, ma loro non lo sanno. Rapinano la persona sbagliata. Rapinano la mamma del boss Benedetto detto “Nitto” Santapaola, vero e proprio capo della mafia catanese durante gli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90. In breve tempo i quattro spariscono e per anni nessuno sa niente di loro. Soltanto anni dopo lo racconta Nino Calderone, quando diventa collaboratore di giustizia.

I ragazzini  vennero rapiti e portati in un casolare nelle campagne nei pressi di Caltanissetta, di proprietà del boss Giuseppe Di Cristina. Vengono lasciati per due giorni senza cibo e senza acqua. Nel frattempo si discute sul da farsi. Calderone provò a convincere Santapaola che uccidere dei ragazzini sarebbe stato troppo, che sarebbe bastato spaventarli, ma Nitto non è d’accordo, non volle sentire ragioni. Li vuole morti. E lo fa in modo terribile. Fece entrare il fratello nella cascina dove si trovavano i ragazzini. Questi lo riconobbero immediatamente. Ora sapevano chi li aveva rapiti, non avevano altra scelta. In questo modo il boss segnò il destino di Benedetto, Lorenzo, Riccardo e Giovanni.

I quattro vennero portati nei pressi di un pozzo e, lì, vennero strangolati a mani nude, vennero strangolati con delle corde.  Infine i corpi vennero gettati nel pozzo, uno dei quali, il più piccolo, ancora vivo. Un cugino di Calderone, esecutore materiale del delitto, confessò al pentito che non ebbe il coraggio di stringere fino in fondo il cappio di uno dei ragazzini, il quale venne gettato nel pozzo ancora vivo. Un dettaglio che rende tutto ancora più agghiacciante. Antonino Calderone, deciso a collaborare con la giustizia anche per questi orrori, assistette al massacro dalla sua macchina, racconta di essere rimasto in macchina con i finestrini chiusi per non sentire nulla durante l’esecuzione. Questo crudele ed efferatissimo delitto rompe il mito della mafia “onorevole”, rispettosa dei bambini. Un mito ancora oggi piuttosto diffuso ma che ha poco a che fare con personaggi senza scrupoli e senza valori.

Catania negli anni ’70, nel popoloso quartiere di San Cristoforo, quattro ragazzetti: Giovanni La Greca, Riccardo Cristaldi, Lorenzo Pace e Benedetto Zuccaro, i primi due hanno 15 anni, il terzo 14 ed il quarto solo 13, uccisi da Cosa Nostra, rei di aver derubato la mamma del boss Benedetto Santapaola. Loro, purtroppo, non sono giovani come tanti della loro età.

E sì, ci sono anche loro, Giovanni, Riccardo, Lorenzo e Benedetto, insieme ad altri nomi di figli che avrebbero avuto bisogno dei loro genitori e viceversa, quattro giovanissimi morti per nulla, per un capriccio di un boss e per vendetta. Ragazzini trucidati per volere del clan. La mafia non uccide i bambini, anzi li rispetta. In realtà Cosa Nostra ha sempre ucciso i bambini, perché quando è necessario l’omicidio non ha età. Lo fanno per vendetta o per ricatto, per eliminare un testimone pericoloso, uno che ha visto o sentito. Li bruciano, li sotterrano, li squagliano. Tre anni, otto anni, dodici anni, la data di nascita è ininfluente.

Nomi, volti, storie che gridano che la mafia non conosce onore e rispetto, non ha nessun codice etico, la mafia non guarda in faccia nessuno.

Mi chiedo: dov’è giustizia? Mi rispondo: forse non esiste!

Non dimentichiamo, lottiamo, perché non ci sia più nessun bambino vittima di mafia dimenticato.

di Maria De Laurentiis

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