Roma Gay Pride 2018: in migliaia in marcia affinché la “liberazione continui”
Una marea di colori, di mani levate al cielo, piume, chiffon e paillettes. Musica, carri e allegria in un sabato pomeriggio d’estate in onore dell’arcobaleno dei diritti civili, tra chi partecipa in maniera più o meno variopinta. Leggera l’atmosfera, ma non le questioni che si rivendicano.
Un corteo di persone, tra omosessuali e non, ha sfilato per la strade di Roma da piazza della Repubblica a piazza Madonna di Loreto. Famiglie arcobaleno, “Circolo Mario Meli” e il più chiassoso “Muccassassina”. Come in ogni manifestazione che si rispetti non potevano mancare striscioni e cartelloni: da “Sono etero e difendo ogni tipo di famiglia” a “Jesus loves all people” al meno originale, ma non per questo meno veritiero, “Famiglia è ovunque ci sia amore”.
Presenti anche alcuni esponenti della politica: dal presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, passando per Emma Bonino, leader di +Europa, fino all’ex governatore della Puglia, Nicki Vendola, insieme al compagno Eddy e al figlio Tobia. E poi altre, ben più importanti: i due partigiani Tina Costa, 93 anni, e Modesto, 92. “Se sono anche loro qui con noi significa che siamo dalla parte giusta della storia – ha dichiarato Sebastiano Secci, presidente del Circolo Mario Mieli – In Italia, nel 2018, è in dubbio la nostra esistenza ma la Costituzione parla chiaro”. Dal 5 giugno 2016 infatti è in vigore la legge Cirinnà, che prende il nome dalla senatrice Pd (presente al Pride) che ne è stata promotrice e prima firmataria, meglio conosciuta anche come “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”: in sostanza, il riconoscimento giuridico di una coppia omosessuale.
Mentre a Roma andava in scena una manifestazione che è ormai un appuntamento annuale, a Trento si assisteva all’inaugurazione del “Dolomiti Pride”, sostenuto da diverse autorità locali ma non dal presidente della Provincia della stessa città di Trento, Ugo Rossi. Episodi come questo ribadiscono la mancata accettazione che una parte della società rappresenta e conferma la sensazione di non esistere tanto da non avere il diritto di manifestare il proprio orgoglio.
Il tema quest’anno nella Capitale è il “continuo della liberazione”, battaglia da portare avanti ispirandosi ai principi della Resistenza e della Costituzione. Eppure neanche ideali tanto edificanti allontanano il dubbio che proprio manifestazioni del genere contribuiscono ad aumentare quel senso di ghettizzazione in cui alcune persone vogliono rilegare la comunità gay: “Un eterosessuale non ha bisogno di scendere in piazza per manifestare il proprio orgoglio. In fondo, non c’è nulla da rivendicare per un coppia etero. Per noi invece la strada è ancora in salita: perché due gay, cristiani praticanti non possono sposarsi in Chiesa? Vogliamo parlare delle adozioni?”. Il gay pride di Roma e le sue rivendicazioni sono tutte nella risposta di Eleonora, giovane commessa di 23 anni che sabato ha chiesto il giorno per sfilare mano nella mano con Romina.
E l’amore dov’è? Tra le bandiere arcobaleno o tra i banchi delle chiese? O in entrambi? Forse l’amore è nel nonno di Eleonora che oltrepassati gli ottanta si confronta con l’omosessualità della giovane nipote e la sua preoccupazione rimane sempre la stessa: “Hai mangiato, si?”.
di Irene Tinero