Pena di morte in Israele contro il terrorismo
Il ministro della Difesa israeliano Avigdor Lieberman ha annunciato le sue dimissioni a seguito del cessate il fuoco, mediato dall’Egitto e accettato da Israele, degli scontri seguiti all’operazione coperta condotta lunedì scorso, in territorio palestinese, dalle forze speciali israeliane. Alla raffica di lanci di razzi palestinesi seguiti quell’azione, che aveva provocato sette vittime palestinesi e una israeliana, erano partiti gli attacchi aerei israeliani su Gaza.
La tregua offre a Lieberman, che accusa Netanyahu di essersi arreso al terrorismo, un formidabile argomento di propaganda.
Da tempo Lieberman, esponente del partito di destra nazionalista Yisrael Beitenu, vuole scavalcare a destra il primo ministro. La sua scelta potrebbe significare il ritiro del sostegno alla coalizione di governo e aprire la strada a elezioni anticipate.
Proprio in questi giorni doveva riprendere alla Knesset, il parlamento israeliano, il dibattito su un controverso disegno di legge per facilitare le condanne a morte dei “terroristi” palestinesi, imposto proprio dal ministro dimissionario.
Lieberman, che in campagna elettorale aveva promesso l’approvazione di questa legge, già il mese scorso aveva affermato come la sua approvazione costituiva una condizione inderogabile perché Yisrael Beitenu – che alle ultime elezioni si è presentato agli elettori in una lista unitaria con il Likud, il partito del Primo ministro Benjamin Netanyahu – restasse un membro della coalizione di governo.
La legge ora in vigore stabilisce che la corte, composta di tre giudici militari, deve approvare all’unanimità ogni condanna alla pena capitale. Il disegno di legge all’analisi del parlamento vuole cancellare il requisito dell’unanimità e passare a quello di maggioranza.
Nello stato di Israele la condanna alla pena capitale è stata abolita, nei tribunali civili, nel 1954. La pena di morte è, formalmente, ancora applicabile contro chi si macchia di crimini di guerra, crimini contro l’umanità, genocidio, tradimento e crimini contro il popolo ebraico. L’ultima esecuzione risale al 1962, quando fu giustiziato il criminale di guerra nazista Adolf Eichmann, uno degli architetti dell’Olocausto.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu, preoccupato per la solidità della sua maggioranza, ha espresso il proprio sostegno all’iniziativa e ha dato il via libera ai legislatori affinché promuovano il discusso disegno di legge.
La proposta, già nel gennaio di quest’anno, e nonostante i dubbi di alcuni deputati di maggioranza, ha ottenuto in prima lettura preliminare il sostegno del parlamento. Da allora i progressi legislativi sono stati frenati dalla decisa opposizione al provvedimento di gran parte dell’establishment della sicurezza. Opposizione che ha trovato sostegno in una parte del partito del premier.
Il ministro dell’Energia Yuval Steinitz ha dichiarato che non sosterrà l’imposizione della pena di morte “prima che ci sia un serio dibattito nel governo e nel Gabinetto di sicurezza”.
Steinitz sostiene, all’interno della compagine governativa, le raccomandazioni delle forze di Difesa Israeliane (IDF), dello Shin Bet, il servizio di sicurezza interno, e degli altri istituti di sicurezza. Tutti concordano sul fatto che la legge non sarebbe di aiuto nella lotta contro il terrore ma, al contrario, causerebbero gravi danni alla sicurezza di Israele.
La nuova disciplina sulla pena di morte era, chiaramente, una cinica e irresponsabile manovra populista. Pura propaganda che, per un pugno di voti, arrivava a proporre, in una terra già tanto martoriata, nuovi strumenti di morte. Ora, con la “manna” della tregua Lieberman spera di avere davanti a se un’autostrada.
La corsa a destra è iniziata.
di Enrico Ceci