La necessità di un progetto sociale e di un’opposizione per un’Italia migliore

Non ho mai sentito nessuno dei sovranisti nostrani, quelli del “prima gli Italiani!” esprimere la più ovvia delle conseguenze, nei termini della normale vita quotidiana: “No ai prodotti stranieri! Cioè no ai frigoriferi turchi, alle moto giapponesi, ai televisori sud-coreani, ai cellulari americani, alle auto della odiata Germania !”…
L’unico no! ripetutamente detto, ma nel passato, è stato quello relativo al “pericolo giallo”. Che peraltro è stato sottaciuto negli ultimi tempi, forse nell’illusione che la Repubblica Popolare Cinese aiuti il governo italiano a contenere lo “spread” (e cioè gli interessi sul nostro terrificante debito nazionale), con l’acquisto dei nostri titoli di stato.
O forse perché di Italiano nell’industria produttiva è rimasto ben poco, salvo Enel, Eni e qualcos’altro della vecchia Iri . Anche la “Magneti Marelli”, nata nel 1919, quasi cento anni di eccellenza produttiva, è recentemente finita all’estero. In mani giapponesi E, tanto per rendersi conto, a partire dal 1992 lo Stato ha venduto agli stranieri, specie inglesi e americani e direttamente o per successivi rilevamenti, Locatelli, Invernizzi, Buitoni, Galbani, Negroni, Ferrarelle, Peroni, Moretti, Fini, Perugina, Mira Lanza, SME, le vetrerie Siv dell’Efim, il Nuovo Pignone dell’Eni, Acciai Speciali Terni, Dalmine, Bnl, Ilva..
Inoltre è finita all’estero quasi tutta l’industria automobilistica Fiat + Alfa Romeo + Lancia + Autobianchi assorbite nella Fca.
E del resto La Ferrero, di proprietà italiana, ha sede legale in Lussemburgo, e la stessa Ferrari è sotto il controllo della Ferrari S.V. che è una società di diritto olandese.

Questa panoramica per dire che la spesa non leggera relativa al reddito di cittadinanza, giusta se destinata a ridurre la povertà, dovrebbe essere affiancata da una rivalutazione (non presa in considerazione) del reddito da lavoro; e sarà oltretutto uno strumento difficilmente gestibile se legato ad lavoro che non c’è e per il quale ci sono solo speranze, non proposte.
Nella forma scelta, conseguentemente, il reddito di cittadinanza farà crescere il Prodotto Interno Lordo non come attività produttiva italiana, ma piuttosto solo come profitto commerciale, e contribuirà solo marginalmente alla ripresa.

La ripresa è necessaria, senza essa non ci può essere sviluppo della società, in Italia. Questo è chiaro, come è chiaro che non ci potrà essere ripresa senza lavoro. E tenendo presente la indiscutibile vigliaccheria degli imprenditori privati, è improbabile che da essi nasca il lavoro nuovo.
Esso potrà svilupparsi solo per iniziativa statale. Case per la povera gente, strade, scuole, ricerca avanzata, tante sono le iniziative possibili, anzi, necessarie.

Con quali risorse si potrebbe operare? Non certamente con nuove tasse, ma facendole pagare a chi le evade,. Altro che pace fiscale, altro che condoni che sono sputi in faccia ai contribuenti onesti! Mi viene da ridere, no, da piangere, se penso ai 110 miliardi di euro annualmente evasi (cifre degli uffici del Senato) e alle millantate cifre recuperate (15 o 17 miliardi) di cui si vantava il senatore ex sindaco di Firenze.
Da piangere, perché di questo il governo non parla. Come se non fosse l’unica possibile risorsa sulla quale anche i rigidi contabili dell’Unione Europea niente potrebbero obbiettare!

Ma la situazione politica italiana ha problemi ben più gravi. Perché se anche la ripresa ci sarà (o se ci fosse, vedremo) nel cosiddetto programma del governo di cambiamento, come esso stesso si definisce, non c’è indicazione quale sviluppo, quale progetto sociale di società si abbia per obbiettivo.
Certamente sono caduti, penso definitivamente, i modelli liberal-borghesi di Forza Italia o socialdemocratici-borghesi del Partito Democratico.
L’antagonismo dei prossimi anni penso che sarà tra la Lega di Salvini da una parte e il partito-ex movimento 5Stelle (di Di Maio, o di Di Battista o di Grillo, o di Casaleggio, o magari degli indignati militanti di base) dall’altra.
Per il M5Stelle, non è facile dire se c’è o ci sarà un modello di società: non di destra, non di sinistra, dell’onestà, della democrazia diretta, hanno posizioni diverse i sopracitati in parentesi.
Per la Lega, invece, un modello c’è. Nelle ore che mostravano la distruzione dell’area che l’associazione Baobab aveva attrezzato alla stazione Tiburtina di Roma, dove erano ospitate più di 200 persone, quasi tutte migranti (su un’area privata!), ho visto a commento un fotomontaggio (spero lo sia!) del vicepresidente del consiglio Salvini su una ruspa.
Commento il tutto con le parole della Baobab: «Le questioni sociali, a Roma, si risolvono così: polizia e ruspa. Il Campidoglio a 5 stelle non è diverso né dai precedenti, né dalla Lega. Una vergogna infinita per questa città».
E aggiungo che quella foto me ne ha fatto ricordare un’altra, dell’altro secolo, che la mia maestra all’asilo ci fece vedere con orgoglio, di un uomo che guidava un trattore (ma quello era a torso nudo).
No, il modello non è quello, per ora. Il modello è però quello del centrodestra nel quale la Lega alle ultime elezioni ha ottenuto 17 per cento. E’ quello del ventennio dei governi Berlusconi. E in più personalizzato con guerra ai migranti e all’U.E., sicurezza armata, pace fiscale no alla legge Fornero, un uomo solo al comando, ecc. ecc. Ottimo per la pancia dell’elettorato, ai tempi brevi. Ma poi?

Poi non c’è altro. Cioè solo Renzi con i suoi cortigiani che forse pensa ad un partito-governo della nazione, insieme al pregiudicato di Arcore e seguaci (quelli che non andranno con Salvini).
C’è il defunto Pd che spera nella resurrezione vivendo per il momento una guerra all’ultimo sangue tra i diversi candidati alla segreteria, di cui uno solo spera (o si illude) di ricomporre una parvenza di sinistra, ma sempre all’interno del modello socialdemocratico-forseunpochinomeno borghese.
Non c’è altro, in Italia. C’è ancora qualcuno, nel mondo, che vede le cose diversamente, che indica un progetto di società solidale, con pari diritti e doveri per tutte le donne e gli uomini della terra lo vuole,
Che scrive:
«se sulla terra c’è la fame, non è perché manca il cibo» — che a volte addirittura «si butta» per «le esigenze del mercato» — ma perché «manca una libera e lungimirante imprenditoria, che assicuri un’adeguata produzione, e una impostazione solidale, che assicuri un’equa distribuzione».
E ancora:
Purtroppo, in molti dei Paesi in cui la popolazione non ha un accesso regolare all’acqua potabile non manca la fornitura di armi e munizioni che continuano a deteriorare la situazione! La corruzione e gli interessi di un’economia che esclude e che uccide prevalgono troppo spesso sugli sforzi che, in modo solidale, dovrebbero garantire l’accesso all’acqua. Le statistiche della sete richiedono volontà e determinazione, e tutti gli sforzi istituzionali, organizzativi, educativi, tecnologici e finanziari non possono venir meno.
Chi le scrive? Provate a indovinare …

di Carlo Faloci