Al rogo Angelica, Francesca ed Elizabeth

Condannate al rogo, con un atto subumano per mano dell’indifferenza, Angelica, Francesca ed Elizabeth Halilovic. Il rogo, composto da un camper, si è consumato alle tre di notte del giorno 10 maggio 2017. Sul cielo di Roma, la luna piena illuminava a giorno le statue di marmo dei santi e degli apostoli sopra le chiese. Le stesse chiese che hanno dato vita, ospitato e protetto la Santa Inquisizione, cioè quegli stessi preti e vescovi che ardevano al rogo gli eretici e le streghe, senza distinzione di sesso, religione o etnia. Anche se a bruciare erano sempre le donne indipendenti o gli uomini di cultura. Ma ardevano anche le guaritrici, le donne sapienti che tramandavano saperi antichi e capivano le erbe che raccoglievano nelle notti di plenilunio. Al rogo sempre i diversi. Così è stato nei secoli dei secoli, così sarà nei secoli a venire.
Angelica aveva solo quattro anni, Francesca otto e Elizabeth venti. Troppo piccole per morire arse. Troppo piccole per essere streghe. Troppo piccole per essere condannate da una Inquisizione fatta di indifferenza, egoismo e idiozia. Ivano Fossati canta ne “l’amore fà” che l’amore fà guerra agli idioti, agli arroganti pericolosi. Si, ci vuole l’amore per fermare l’arroganza e l’idiozia che accende le grandi pire per ardere piccole donne innocenti, colpevoli solo di vivere in undici in un camper, di non lavarsi tutti i giorni, di non mangiare a pranzo e cena, di avere abiti logori e capelli spettinati e unti. Ora tra la cenere e il nero bruciato dell’asfalto ci sono tre rose bianche messe lì dalla pietà umana, dalla compassione e dalla stretta al cuore, Dharma delle rose, c’è anche il triciclo di Angelica, che non è bruciato, è lì fermo, vicino alle rose, accanto alle lacrime. Di Angelica, bimba di quattro anni rimane un triciclo e tre rose bianche.

Scrive Corrado Augias:”Devo fare uno sforzo per immaginare un individuo, di chiunque si tratti, che per vendetta elabora e mette in pratica un gesto di tale ferocia. Devo cercare qualche riferimento, chiedere alla storia più che alla cronaca, tornare ai vecchi parametri della disumanità, ai tanti libri letti sui meccanismi mentali che si creavano nei campi di sterminio. Non parlo dell’entità né del numero ma dei meccanismi che rendevano plausibili quell’entità e quei numeri. Com’è stato possibile in quegli anni e in quei luoghi che ai prigionieri venissero inflitte torture e umiliazioni bestiali? Era possibile perché nella mente degli aguzzini si era operata una trasformazione radicale. Quelle ombre coperte di stracci, quegli sguardi vuoti non appartenevano più a uomini e donne ma ad esseri indefiniti deprivati di ogni umanità. Erano degli invisibili. Immagino che un processo del genere sia maturato l’altra notte nella mente dell’assassino. Non più donne e bambine ma un nucleo da eliminare, senza provare emozioni…”

Angelica aveva solo quattro anni nel plenilunio di maggio e wesak, era il giorno della strada più luminosa, quando si sceglie o si capisce se stiamo sulla strada giusta perché la terra manda una energia più forte e si pratica la benedizione del grembo materno secondo i rituali rom. Angelica ancora non era pronta a tutto questo, ancora non aveva imparato a riconoscere la luna, ne percepiva la potenza e ne sentiva scorrere l’energia. Angelica dormiva stretta a Francesca che aveva solo otto anni, abbracciate ad Elizabeth che ne aveva venti. Insieme dormivano in uno spazio talmente stretto erano il Tutto nell’Uno. Una Trinità fatta Donna dove il piccolo è grande e il grande diviene piccolo ma fondendosi nell’Uno, così hanno vissuto, così hanno trasformato il corpo in energia, urlando il dolore della partoriente alla luna sovrastante i palazzi romani. Urla di dolore così forti da non essere ascoltate dalla città indifferente. Mentre il fuoco lambiva la carne, Angelica piangeva ma non urlava, Francesca, di solo otto anni gli tappava la bocca, stretta sempre più forte ad Elizabeth, venti anni, che aveva tirato a se la testa riccioluta delle sorelline, sperando che quelle fiamme facessero in fretta a divorarle. Elizabeth che non apriva gli occhi e sussurrava di tenerli chiusi, così il fumo non le avrebbe fatte lacrimare mentre ardevano in un rogo subumano, le stringeva forte forte a se,in una notte in cui la luna era lì per loro per farle sognare. Era la loro luna, la luna a forma di cuore che si sdoppia e nel pianto si posa su un anello, cesellato da artigiani rom con due cuori, a significare che l’amore fà… amare non odiare.

di Claudio Caldarelli

Print Friendly, PDF & Email