Sognando Pizzo Cefaloni
Era la notte di S.Stefano, ancora non avevamo digerito il pranzo di Natale che da noi è luculliano, grasso e abbondante. Quella notte, preparato lo zaino, con tutto l’occorrente per la salita al Pizzo: imbraco, ramponi, picozza, casco e thermos con the bollente, cioccolate frutta secca è tanto entusiasmo. Non abbiamo dormito ma sognato. Sognato Pizzo Cefaloni in invernale, lo avevamo fallito ben due volte, la montagna ci aveva respinto, non ci voleva o forse ci proteggeva dalle condizioni climatiche avverse.
Questa volta ci avrebbe accolto, senza respingerci, anzi accarezzandoci il viso tenendoci per mano. Il mio compagno di cordata, Riccardo, puntuale mi bussa alle 5.40, zaino in spalla e sorriso sulle labbra, mi guarda e mi fa cenno di andare. Zaino in spalla scendiamo le scale e ci avviciniamo al “carrettone” la mitica Ford del ‘99 carichiamo gli zaini e via verso Campo Imperatore. Arriviamo alle 7.50 prendiamo un caffè e poi la funivia. Alle 8.30 siamo già tamponati, guardiamo il rifugio Duca degli Abruzzi appollaiato sul crinale come un nido d’aquila, ci battiamo il cinque e inizia lenta ma inesorabile la salita. Fa freddo, tanto, il termometro segna -10 ma noi iniziamo a sudare. L’amore che ci spinge sgretola le leggi della gravità e attiva la controspinta verso l’alto. I ramponi si conficcano nella neve gelata che muggisce ad ogni passo. Il vento gelido si trattiene, da forma agli amori dei fiocchi, che come ogni innamorato,si baciano prima di fondersi in un unico corpo di ghiaccio bollente.
Ci fermiamo per un selfie e per un pensiero affettuoso a Simone il terzo Wild Mountain Reporters, assente per cause di forza maggiore. Ma è con noi Simone e con lui torneremo su al Pizzo. Verrà anche Michela, una grande camminatrice che ha deciso di cimentarsi con i ramponi. Riprendiamo la salita, con la controspinta verso l’alto, non sentiamo fatica, non percepiamo freddo ma affetto. L’affetto della montagna e l’amore della neve. Sotto i ramponi il ghiaccio soffre, ogni passo è una crocefissione, ma non cede, ci sostiene e ci invita ad andare avanti. Lo scricchiolio è intonato, si accorda con il respiro condensato, con il sospiro del vento e con l’amore dei fiocchi di cristallo. Punti di luce, azzurro Marino, riverberano davanti a noi, sugli accumuli dei crinali, dai quali ci manteniamo a distanza per non rovinare a valle. La montagna è amore ma chiede rispetto e noi, Wild Mountain Reporters, ci inchiniamo con umiltà, nel rispetto del gigante Cefaloni. Una breve sosta, un thé bollente, condiviso con alcune ragazze incontrate in cresta che andavano verso monte Aquila. Guardiamo campo Pericoli, la Sella, il rifugio Garibaldi completamente sommerso dalla neve, Pizzo Intermesoli, maestoso e austero, gli dedichiamo un pensiero amoroso, gli lanciamo un bacio con il palmo della mano e una promessa: ti verremo a trovare fin lassù dove le nuvole di aggrappano per resistere alla furia del vento.
Con amore salire su, fin dove vorrai e leggeremo una poesia di Prevert. Pizzo Intermesoli merita Prevert. Intanto cresta cresta, Pizzo Cefaloni si avvicina. Sentiamo il suo cuore che batte, lentamente batte e ci attira a se. Gli accumuli confondono la traccia della cresta, ci vuole attenzione, molta attenzione, ma il Pizzo ci vuole dentro di se, ci guida in una traiettoria ideale, sognata la notte di Santo Stefano, Riccardo procede sicuro, sa dove posare i passi. I ramponi si aggrappano, aiutati dalla picca saliamo i crinali ghiacciati, la neve è compatta, regge il peso della nostra emozione, alleggerita dalla controspinta, siamo un unico grande immenso cuore con la montagna. Sorrido a Riccardo, penso a Simone, dalla tasca dello zaino prendo il libro di Pedro Salinas “ La voce a te dovuta” e leggo, urlando affinché le parole si conficchino nel ghiaccio in profondità,per penetrare poi la roccia. Versi che escono dal cuore per entrare al cuore in modo che tutti possano ascoltarle ogni volta che si avvicinano a Pizzo Cefaloni.
La voce a te dovuta
Al di là di te ti cerco
non nel tuo specchio
e nella tua scrittura
nella tua anima nemmeno.
Di là, più oltre.
VMR Claudio Caldarelli