Il Monte Denali e le Terre Selvagge

Siamo in Italia.Guardandoil mappamondo ci ritroviamo esattamente agli antipodi di una delle regioni più affascinanti e allo stesso tempo più impervie di tutto il pianeta: l’Alaska. Solo a nominarla mi passano i brividi pensando alle difficoltà vissute da ogni singolo uomo che ne abbia attraversato a piedi le terre spesso innevate o ne abbia solcato in nave le  acque gelide che delimitano tre quarti del suo perimetro geografico. Senza ancora poter immaginare il coraggio, la spregiudicatezza e la tenacia di coloro che, agli albori della civiltà, siano migrati dall’Eurasia verso il continente nordamericano letteralmente camminando sulle acqua, ghiacciate, dello stresso di Bering.

La sua lontananza geografica ci offre però spunto per avvicinarci e scoprire, invece, la terza cima più alta del pianeta per prominenza topografica dopo Everest e Aconcagua: il Monte Denali. Con i suoi 6.190 mt di altitudine si aggiudica anche il primo gradino nel podio delle vette più alte del Nordamerica.

Una vera fortezza di roccia e ghiaccio ai margini del circolo polare artico.

La sua conquista resta una delle più difficili da realizzare oggigiorno a causa delle velocità dei venti, delle temperature medie anche inferiori ai meno quaranta gradi e soprattutto delle poche ore di luce, laddove si decidesse di tentare l’impresa durantela stagione invernale.

L’ascesa di maggior rilevanza fu effettuata nel 1961 da una spedizione italiana guidata da Riccardo Cassin, che riuscì a salire per la prima volta l’immensa parete sud della montagna.

Al di là delle note morfologiche e biografiche relative alla vita di questo gigante, il Monte Denali e il Denali National Park, del quale rappresenta il faro, sono i co-protagonisti di una delle più romantiche storie d’amore per la Natura: la storia di Christopher McCandless e del suo incredibile viaggio nelle terre selvagge.

Il libro scritto da Jon Krakauer “Nelle terre estreme” e successivamente il film realizzato da Sean Penn “Into the wild” narrano la storia di chi nella Natura è rinato riscoprendo la Vita, fuggendo dalla tela di una società “ragno” capace di dettare termini e condizioni della propria individuale felicità. Soldi, carriera, famiglia, i capisaldi dell’America del ventesimo secolo, rinnegati a favore di un viaggio solitario nelle terre selvagge del continente, ma in fondo nelle terre selvagge della propria anima:

“Ciò che conta sono le esperienze, i ricordi, l’immensa gioia di vivere a fondo, che dischiude il significato vero dell’esistenza. Dio, quanto è meraviglioso esse vivi!

E ancora, per tutti noi Wild Mountain Reporters, per sentire sotto pelle quel brivido di emozione pura che ci sussurra e svela il perché del nostro sviscerato amore per la montagna:

“Ho letto da qualche parte che nella vita importa non già di essere forti, ma di sentirsi forti. Di essersi misurati almeno una volta, di essersi trovati almeno una volta nella condizione umana più antica, soli davanti alla pietra cieca e sorda, senza altri aiuti che le proprie mani e la propria testa.”

Un inno alla vita attraverso l’immateriale bellezza di tutto ciò che non si può comprare.

Non mi resta dunque che augurarvi “Buone terre selvagge”!

di Riccardo Battista

 

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