Il magico mondo delle Monache di Yong-Tai

In pochi conoscono la storia del tempio di Yong-Tai vicinissimo al tempio di Shaolin e la maestria delle sue monache. Infatti nella stessa epoca, parliamo di 1500 anni fa, venne posta la prima pietra per il Kung-Fu femminile e fu fondato il primo monastero femminile per il Buddismo Zen. Le monache di Yong-Tai dovettero lottare a lungo per ottenere la parità nei confronti dei monaci di Shaolin non tollerando di essere “Monaci di seconda categoria” bensì discepoli emancipati della dottrina del Damo, del Buddismo Zen riconosciuti a tutti gli effetti.
All’origine della fondazione del Monastero di Yong-Tai c’erano tre principesse.
La prima, di nome Zhuan-Yun, si convertì al Buddismo nel 467 d.C. al fine di vivere ricercando l’armonia interiore e diventando così la prima monaca cinese.
Si costruì un’umile capanna sulle propaggini del monte sacro Song-shan, in cui visse secondo le regole del Buddismo Zen.
La seconda, di nome Ming-Lian, a soli tredici anni era una dei quattro discepoli di Damo, il fondatore dello Zen cinese. Apparteneva alla famiglia imperiale Liang-Wu, della dinastia del sud e del nord. Damo la iniziò, come fece con gli uomini, all’arte del Kung-Fu, come sistema di vita che mira all’armonia con la natura, al controllo del corpo e dello spirito e alla compassione verso tutti gli esseri viventi. Ming-Lian imparò così a maneggiare la spada con assoluta bravura, per questo è considerata la prima monaca guerriera Shaolin, ancora oggi commemorata da una pagoda nel Talin, il cimitero del Tempio. Grazie a lei infatti, l’eremo di Zhuan-Yun si sviluppò diventando un piccolo Tempio.
La terza principessa si chiamava Yong-Tai. Durante una delle sue passeggiate sulle montagne del Song-shan, la principessa Yong-Tai, proveniente dalla vicina città imperiale di Luoyang, venne in contatto con la dottrina e il Kung-Fu dei monaci Shaolin. Decise di voltare le spalle all’intrigante vita di corte e consacrarsi esclusivamente al buddismo e alle arti marziali. Yong-Tai era una donna straordinaria, che non solo disponeva di grande forza fisica e mentale, ma soprattutto si distingueva per il suo buon cuore. Sotto la sua guida, il Tempio conobbe il suo massimo splendore, contando più di mille monache, provenienti da caste nobiliari e dal suo seguito. Studiavano la dottrina di Damo, si nutrivano di prodotti agricoli e lasciavano partecipare i contadini dei dintorni al loro benessere. La forza di volontà di Yong-Tai e la sua forza fisica, fecero di lei la prima Gran maestra di Shaolin Kung-Fu. Dopo la sua morte, la principessa Yong-Tai, fu venerata come una santa e da allora in suo onore il Tempio si chiama “Il monastero Imperiale femminile Yong-Tai”.
Damo insegnò alle monache a non usare mai il Kung-Fu per aggredire, ma di servirsene per difendere i loro averi da banditi e briganti. Il loro coraggio e la forza dello spirito consentivano alle monache di praticare gli esercizi più difficili del Kung-Fu e del Qi-Gong.
Al contrario i monaci-guerrieri non solo difendevano il tempio di Shaolin, ma servivano anche agli Imperatori di molte dinastie come soldati d’élite. Anche se le maestre di Yong-Tai non erano assolutamente da meno dei maestri di Shaolin nel maneggiare le diciotto armi, non poterono mai combattere per l’imperatore e la patria; perfezionarono le arti marziali soltanto fra loro, combattendo all’interno del monastero. Quindi, nonostante Buddha insegnasse l’uguaglianza di tutti gli uomini, l’armonia delle componenti maschili e femminili nella natura ed il rispetto dell’avversario, molti ritenevano le monache di Yong-Tai inferiori ai monaci di Shaolin. Così, dietro le mura del monastero nacque una gara pacifica, ma accanita, per l’emancipazione delle monache. Le maestre Kung-Fu di Yong-Tai non erano per niente da meno dei maestri di Shaolin in velocità, abilità e senso dell’equilibrio; il loro coraggio e la loro forza di spirito consentivano loro di praticare anche gli esercizi più difficili del Qi-Gong.
Con tenacia e determinazione, le maestre Kung-Fu del monastero di Yong-Tai ottennero dopo tanto, il dovuto riconoscimento da parte dei loro fratelli di credo e ormai da secoli anche le gran maestre e le monache vengono sepolte nel famosissimo bosco di pagode di Shaolin portando anch’esse gli stessi nomi di generazione in generazione. Anche questo un gesto a favore dell’emancipazione femminile nella Cina odierna. Secondo la tradizione del Kung-Fu di Shaolin le maestre devono esibirsi in una lotta simbolica con i loro colleghi uomini per dar prova della loro maestria in tutti i tipi di armi. Insomma le monache di Yong-Tai dimostrarono che la ricerca di noi stessi, la strada verso il divino in noi e il congiungimento con l’energia universale non possono essere un privilegio degli uomini. “Ciascuno può raggiungere bravura ed illuminazione, purché vi aspiri con serietà, non importa che sia vecchio o giovane, povero o ricco, uomo o donna.”
Un esempio di vita per se stessi e per gli altri che non deve essere solo motivo di riflessione ma ammonimento per tutti, specie nel mondo occidentale così proteso verso il nulla e l’apparire da aver dimenticato chi siamo e come tornare al nostro Io, in una ricerca che da sola può diventare il più bel viaggio della nostra vita.

di Stefania Lastoria

Print Friendly, PDF & Email