TAV, TEN-T, TRT, CAFT… : la confusione al potere

Uno dei risultati più deleteri della politica nostrana è l’aver generato nei cittadini una profonda sfiducia nei confronti di governo e parlamento.
Certo, una dose adeguata di scetticismo è assolutamente necessaria alle democrazie: serve a controllare, a non perdere il senso critico; in una parola, a non farsi infinocchiare. Ma quando la sfiducia supera un certo livello, diventa dannosa, perché fa crescere l’individualismo a scapito del senso sociale; induce a curarsi più del “particulare” che del bene comune. In fondo, se non posso fidarmi di chi governa, perché dovrei pagare le tasse?
Un esempio significativo ed ancora attuale di ciò che genera sfiducia è la vicenda del MOSE di Venezia. Progettato nel 1989 per un costo previsto di 3.200 miliardi di lire, iniziato nel 2003 per un costo previsto di 7.000 miliardi di lire, ad oggi (dopo 30 anni) non è stato portato a termine, ma – in compenso – il finanziamento è salito a 5.267 milioni di euro: si è moltiplicato per tre. Oggi, non tutti gli esperti sono convinti che funzionerà, ma quel che è certo è che è servito ad alimentare un fiume (anzi, un mare) di corruzione, ormai accertata e certificata dalla magistratura.
In sintesi: la politica approva un progetto per un certo costo, consente che questo si moltiplichi tre volte, ed intasca una parte dei soldi. A spese nostre, ovviamente!
Questo modello, ben collaudato, si è ripetuto anche per altre grandi opere. Ed ha generato negli italiani la più radicata sfiducia, il sospetto che la vera finalità delle grandi opere sia la corruzione, non il bene comune.
Oggi non si parla più di MOSE. L’argomento del giorno è il TAV, che si porta dietro un mare (anzi, una montagna) di polemiche.
Che serva un collegamento più efficiente tra i due versanti delle alpi è persino ovvio. Ma c’è proprio bisogno di un tunnel lungo 57 chilometri? La valutazione di impatto ambientale è stata fatta correttamente? Non c’erano soluzioni meno faraoniche, ma più veloci ed economiche? Grazie ai precedenti storici, non mi fidavo poi tanto dei diversi governi che, in diversi momenti, hanno approvato e finanziato il progetto. Ma, se prima ero scettico e piuttosto sfiduciato, ora, in compenso, sono anche molto perplesso: perché questo nuovo governo non è riuscito ad eliminare la sfiducia, ma vi ha aggiunto la confusione.
In effetti, è piuttosto deprimente lo stile della nostra politica: qualcuno dice “si deve fare”, qualcun altro “non si deve fare”, e altri ancora, salomonicamente, dicono che bisogna rivedere e rinegoziare il progetto. Ma nessuno si degna di dire quali sono le ragioni della scelta, salvo quella di avere la testa dura, o di averlo già detto prima.
La cosa più folle, poi, è la pretesa, ventilata da altri ancora, di far decidere il “popolo” con un referendum. Ma come si decide senza informazione? Le sole ragioni fornite dalla politica sono che il TAV si farà perché si deve fare, o non si farà perché non si deve fare. E questa aggiunta di confusione alla sfiducia, fa capire come anche uno strumento democratico come il referendum possa essere usato per uccidere la democrazia.
Per fortuna, il tentativo di uscire dall’impasse è stato davvero ammirevole: l’analisi costi-benefici chiesta dal ministro Toninelli. Peccato che, purtroppo, abbia dimenticato alcune cose fondamentali.
Prima di tutto, che la finalità di un’opera pubblica è diversa da quella di un investimento industriale. Se no, non dovremmo fare più nessun ospedale e nessuna scuola, il cui costo non sarà mai compensato da un ritorno economico-contabile. Nel bilancio costi-benefici di un’opera pubblica c’è anche la sua utilità sociale, il suo impatto ambientale e il valore economico indiretto in un’ottica temporale ampia, perché si presume che debba durare almeno un secolo, come il traforo del Frejus. E pensare che il concetto di “bilancio sociale” è ormai diffuso anche nelle aziende private! E questo non può essere fatto riempiendo pedissequamente con dei numeretti le colonne “dare” e “avere”. In ogni caso, anche l’aspetto più strettamente tecnico-economico è stato contestato, con ben articolate motivazioni, da altri esperti del settore. Si è criticato, ad esempio, di aver messo tra le perdite il mancato guadagno delle accise per consumo di gasolio: come se una campagna contro il fumo o il gioco d’azzardo fosse considerata dannosa perché riduce gli introiti dello stato. O altri aspetti più tecnici della relazione.
Si potrebbe dire, per semplificare, che l’analisi costi-benefici partiva inutile, ed è arrivata discutibile.
Poi, che se si vuole una verifica di un progetto internazionale di grande portata, non si può affidarla a un gruppo ristretto, presieduto da un esperto che si è sempre pubblicamente dichiarato contro (ma sarà poi vero?) le grandi opere in generale e questa in particolare; coadiuvato da altri che hanno avuto con lui legami lavorativi ed accademici, tranne uno, che ha dato al ministro una sua relazione separata, mai resa pubblica. Tanto è vero che, a parte quella massiccia dose di sfiducia popolare che dicevo, quasi nessuno ci crede: non ha convinto neppure gli alleati di governo. Ironia a parte, sarebbe stato meglio rischiare con una commissione di maggiore caratura, indipendenza e credibilità internazionale, visto che nel progetto non ci sono solo gli italiani. E – perché no? – al di sopra dei sospetti di conflitto d’interessi. Infatti, alcuni giornali hanno subito segnalato che la società di consulenza fondata da Ponti (la TRT) avrebbe per cliente un organismo congiunto Svizzera-UE (il CAFT) che studia la realizzazione di una linea alternativa al TAV: in questo caso, il bilancio costi-benefici sarebbe positivo, ma per la Svizzera. Un giornalista de La7 ha invece scoperto che la stessa TRT ha partecipato ad uno studio europeo sulla direttrice ferroviaria di cui la TAV italo-francese fa parte (“The impact of TEN-T completion on growth, jobs and the environment”, del 2018: su internet è consultabile il testo PDF, dove risulta con chiarezza il ruolo autoriale della TRT); i risultati di questo studio sono stati, però, estremamente positivi. Intervistato da un giornalista, Ponti avrebbe risposto che quella non era un’analisi costi benefici, ma di valore aggiunto. Appunto: le opere pubbliche non si possono valutare sulla base di un bilancio contabile. Invece, Toninelli avrebbe dichiarato che il ruolo della TRT era “solo marginale”. Peccato che fosse, in realtà, una delle due (solo due!) società che hanno fatto lo studio: tanto, ai politici le bugie non costano mai care.
Allora, perché tante contraddizioni?
Beh, per aumentare la confusione!
Perché il “popolo” a nome del quale si parla, non deve essere un popolo informato. Può avere opinioni, ma non deve ragionare.
Voglio dire che mai ho sentito dire, in una qualche intervista, qual è il motivo per cui Conte, Di Maio, Toninelli o Salvini sono pro o contro il TAV. E per quale motivo lo studio costi-benefici della commissione Ponti, o lo studio europeo della TRT, non hanno smosso di una virgola le loro convinzioni.
Sì, è proprio difficile per un cittadino normale farsi un convincimento motivato ed equilibrato su una questione di tanta importanza. Sfiducia e confusione continuano ad essere nutrite dai discorsi della politica, nonostante la novità così eclatante di un “governo del cambiamento”: che, però, il problema di informare congruamente l’opinione pubblica neanche se lo pone Sembra che anche questi siano gravemente afflitti dalla sindrome del Marchese del Grillo, che li porta ad un pensiero unico: io so’ io e voi non siete un….
Salvo quando si tratta di pagare il debito pubblico, o le opere pubbliche. Perché noi paghiamo, e loro non pagano un…

di Cesare Pirozzi

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