Denunciò la mafia. La storia di Rita Atria, morta 27 anni fa, dopo l’uccisione di Borsellino.

Quanti di voi conoscono il nome di Rita Atria? Forse nessuno, o pochi se non pochissimi. Se ne parla oggi perché ricorre il ventennale della sua morte e quello che doveva essere un ricordo diviene invece la conoscenza di una storia mai sentita per molti, ignorata per troppe persone e per troppi anni.
Rita non avrà una foto sulla tomba a ricordarla, neanche ora che sono trascorsi vent’anni dalla sua morte. A Partanna (Trapani), suo paese natale, la memoria della giovanissima testimone di giustizia che collaborò con il giudice Paolo Borsellino non riesce ancora a trovare pace.
La famiglia non vuole che il 26 luglio, giorno dell’anniversario, la piccola lapide con la foto venga collocata lì dove è stata distrutta, vent’anni fa, dalla madre di Rita, che la frantumò a martellate nell’ultimo, drammatico, tentativo di far proprio il destino di una figlia che le era sfuggita di mano. Una figlia che si oppose al “sistema” dando scandalo, dentro e fuori la famiglia, in tutto il paese. Una figlia disconosciuta, ripudiata, allontanata della quale ci si poteva solo vergognare. Ne verrà realizzata un’altra, in uno spazio diverso del cimitero di Partanna, ma nei giorni successivi, “perché non c’è stato tempo sufficiente per le necessarie autorizzazioni”, spiegano gli organizzatori.
E già questa frase di giustificazioni ci fa pensare per un attimo che non siano passati vent’anni, che il tempo si sia fermato, che qualcosa verrà fatto perché così qualcuno ha voluto ma forse, quel qualcuno non doveva essere ascoltato, ancora una volta. Aleggia il sapore di polvere da sparo in giacca e cravatta.
Il 26 luglio Rita sarà comunque ricordata in una manifestazione pubblica, iniziativa fortemente voluta dalla cognata Piera Aiello, anche lei testimone di giustizia che seguirà con trepidazione l’organizzazione del tutto, a distanza, dalla località segreta in cui vive con i figli.
“Che Rita sia ricordata in tutta Italia è molto bello – dice Piera – ma farlo a Partanna è un segnale forte e preciso. Ancora non ci credo, aspetto che si avveri finalmente il desiderio di sentire il nome di Rita non più pronunciato solo a fior di labbra ma gridato con fierezza ed orgoglio. Parlare ad alta voce di lei e della sua storia vuol dire cristallizzare in un modello positivo il coraggio della sua scelta, per riproporlo ai giovani e, soprattutto, agli adulti di Partanna”.
“Solo dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici”, scriveva nel diario la ragazza. E sapeva esattamente ciò che diceva perché lei, in una piovosa mattina di novembre, dai carabinieri c’era andata veramente, saltando la scuola, per raccontare tutto ciò che sapeva dell’uccisione del padre e del fratello Nicola, ma anche degli affari dei mafiosi di Partanna. Senza tentennamenti aveva denunciato ai magistrati le persone a sé care, familiari e amici, seguendo le orme della cognata Piera, anche lei testimone di giustizia dopo l’omicidio del marito Nicola.
Il percorso di Rita sarà segnato da un incontro importante, perché la giovane troverà ad ascoltarla Paolo Borsellino, allora procuratore di Marsala. O “zio Paolo” come imparerà presto a chiamarlo. Sarà lui a confortarla nei momenti di profonda solitudine, tentando persino di favorire una sua riconciliazione con la madre che l’aveva ripudiata e minacciata di morte. Un rabbioso e disperato tentativo di riportare a casa la “picciridda”. Ma Rita non avrà tentennamenti e sopporterà a lungo e con caparbietà il peso della sua solitudine. Fino a quando qualcosa si frantumò. Quando in quel terribile 19 luglio del 1992 la mafia uccise anche Paolo Borsellino. “Ora che è morto Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella mia vita – scrive nel suo diario – tutti hanno paura ma io l’unica cosa di cui ho paura è che lo Stato mafioso vincerà e quei poveri cristi che combattono contro i mulini a vento saranno uccisi”. Si getterà nel vuoto una settimana dopo. Il 26 luglio a Partanna si proverà a ricordarla. Don Luigi Ciotti e il Vescovo della Diocesi di Mazara del Vallo monsignor Mogavero celebreranno una messa in suo ricordo. “Anche la celebrazione religiosa è importante – conclude Piera Aiello – perché rappresenta un passo in avanti rispetto al passato. Quando anche le porte della chiesa di Partanna sono state per Rita un muro insormontabile”.
Una storia di cui pochi sapevano, che verrà ricordata in sordina in questi giorni e poi di nuovo dimenticata, cancellata, abilmente custodita nel nulla. Stavolta forse per sempre, perché ci sono anni che scorrono solo sui calendari delle vite altrui.

di Stefania Lastoria

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