Il procuratore capo Gaetano Costa. Palermo. 1980

Era il 6 agosto del 1980 e il procuratore capo di Palermo, Gaetano Costa, stava passeggiando per le vie di Palermo, non lontano dalla sua abitazione. In via Cavour, all’improvviso, un giovane lo raggiunse alle spalle, sparandogli alle spalle, raggiungendolo con diversi colpi di pistola. Muore dissanguato su un marciapiede di Palermo, quel coraggioso, intraprendente magistrato che tanti ostacoli aveva incontrato da quando, nel 1978, era diventato procuratore capo. Due anni di lotte, di rapporti difficili, di isolamento. Gli ostacoli furono, sin da principio, evidenti. Infatti nominato procuratore capo nel gennaio del 1978 potè insediarsi solo nel mese di luglio.
Eppure il giudice Costa aveva avuto importanti intuizioni nel suo lavoro, sul metodo da adottare per permettere un collegamento dei fatti sui cui si indagava, attraverso la diffusione di informazioni tra gli investigatori, e con determinazione si era scontrato con chi lo limitava nello svolgimento delle sue mansioni. Scontri duri, difficili, per i quali occorre una forte tempra per non mollare. Per non dire a se stessi “chi me lo fa fare?”.
In un’occasione in particolare il procuratore capo Costa si ritrovò da solo a firmare e, quindi convalidare, una serie di arresti contro le famiglie Spadola e Inzerillo, per le quali era stato aperto un filone di indagini. Da solo perché nessuno degli altri sostituti procuratori volle apporre, a fianco della sua, la propria firma. E, addirittura, fu sottolineata e resa pubblica, l’autonomia della sua decisione. Fu lasciato da solo, isolato nel suo stesso contesto lavorativo, con la consapevolezza che la solitudine lo avrebbe esposto a possibili ritorsioni.
Non volle scorta quell’uomo dal forte temperamento. Aveva deciso di non voler coinvolgere, nelle sue difficoltà, altre persone. Se qualcuno avesse voluto fargli del male, lui solo avrebbe dovuto soffrirne. Descritto come uomo riservato, profondamente umano, serio, ha dimostrato di possedere grande onestà intellettuale e morale. E con queste armi aveva deciso di combattere contro la mafia siciliana. Ha lasciato un’eredità che altri hanno colto con altrettanta determinazione, perdendo, a loro volta, la vita, in quella che è stata e dovrebbe essere considerata una guerra. Non si dovrebbe mai dimenticare quanto sono stati importanti uomini come Gaetano Costa.

di Patrizia Vindigni

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