Vocabolario mitologico

Nel parlare quotidiano utilizziamo spesso parole che hanno assunto un significato semantico ben preciso nella nostra lingua ma di cui spesso ignoriamo l’origine. Spesso sentiamo dire “sotto l’egida dell’ONU” oppure qualcuno che accusa una determinata persona di essere “un’arpìa”.
La mitologia greca è un ampio serbatoio a cui si è attinto non solo per la realizzazione di pellicole cinematografiche, di opere d’arte, di poemi, ma anche per mutuare parole o attributi ormai divenute di uso comune.
Prendiamo ad esempio “egida”. Questa non era altro che lo scudo appartenente a Zeus. Era realizzato con la pelle della capra Amaltea, colei che lo allattò quando era ancora in fasce. Atena, poi, provvide ad aggiungervi al centro la testa di Medusa, la terribile gorgone che pietrificava chiunque con il suo sguardo, uccisa da Teseo, che fece alla divinità dono della sua testa.
E le Arpìe? Queste erano esseri mostruosi, per la metà superiore avevano corpo di donna, per quella inferiore un corpo da uccello. Il loro nome significa “rapire con violenza” e personificavano la tempesta. Oggi si usa per definire una persona apparentemente innocua ma che cela atteggiamenti predatori.
Qualcuno avrà senz’altro udito associare ad una pietanza  prelibata il termine “nettare degli dei”.
In questo caso il “nettare” era direttamente associato all’Ambrosia (che significa  “che solo gli immortali possono consumare”). Talvolta, nella mitologia, il nettare è bevanda e l’Ambrosia il cibo, altre volte l’opposto.
Si pensa che fosse una specie di miele, le cui proprietà curative e lenitive erano già note nei tempi antichi.
Tutti hanno un punto debole. O in altri termini un “tallone d’Achille”.
Questo modo di dire deriva proprio dal tallone dell’eroe greco Achille. La madre Teti, per renderlo invulnerabile, lo immerse nel fiume Stige tenendolo per il tallone. Questa parte, l’unica a non essersi bagnata, fu l’unico punto debole. Tanto che Achille morì proprio a causa di una freccia avvelenata lanciata da Paride e guidata da Apollo, che lo colpì al tallone.
“E la mia banda suona il rock, per chi l’ha visto e per chi non c’era e per chi quel giorno lì inseguiva una sua chimera”, canta Ivano Fossati. Si dice “chimera” un sogno impossibile, un’utopia, una fantasia.  Ma che cosa era la Chimera?
Si tratta di un essere mitologico che incarnava tre  animali differenti: essa aveva corpo di leone, una testa di capra che usciva dalla schiena e un serpente al posto della coda. Questo mostro faceva scorrerie nelle terre del re di Lidia, Iobate, e su ordine di questo Bellerofonte lo uccise.
Si potrebbe continuare ancora, ma quanto detto è sufficiente per comprendere come anche a secoli di distanza, la mitologia greca ci accompagni, più o meno inconsapevolmente, nella vita di tutti i giorni.
di Fabio Scatolini
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