Gli invisibili sentono freddo
Li chiamano invisibili, ma invisibili non sono. È la nostra indifferenza che li rende tali. Ogni volta che incontriamo sul nostro cammino una persona povera, diversa, sporca, magari di colore o rom, cambiamo strada. Se allunga la mano per chiedere qualche spicciolo per mangiare, giriamo non solo lo sguardo, ma anche la testa, piroettando sul busto. Per noi, figli dell’opulenza, dello spreco, del benessere fatto di rate e prestiti, di consumi sfrenati, loro, i poveri, gli ultimi non esistono. Non li vediamo. Per noi non esistono. Per questo sono invisibili.
Tra loro c’è tanta umanità, quella che la madre dell’umanità, cioè Papa Francesco chiama a se, li invita alla sua mensa e non perde occasione per ricordarci che non solo esistono, ma sono nostri fratelli. Poveri perché nel mondo la ricchezza è nelle mani di pochi, mentre la fame è la quotidianità di tanti. I tre quarti dell’umanità vive in condizioni disagiate, senza acqua, senza pane, senza medicine, senza scuole. Scacciati dalla guerra e dalle violenze di ogni genere. Esistono. Esistono nei margini delle nostre città, addobbate da luci colorate, da alberi di Natale e da presepi. Esistono, ma noi non li vediamo. Dormono sulle panchine, coperti da cartoni spesso umidi e bagnati. Hanno fame. Sentono freddo. Non hanno nulla. Solo il loro respiro affannato e il battito del cuore stanco. Sono infreddoliti, piangono.
Ogni anno, in questo periodo, sentiamo parlare dell’emergenza freddo. Ma cos’è l’emergenza freddo? È il prodotto della nostra indifferenza. Da anni, troppi, invece di affrontare la questione dei senza fissa dimora, lanciamo lo slogan dell’emergenza freddo. Uno slogan vuoto di significato, perché vuoto di azione. Dai tempi lontani dei sindaci cosiddetti di sinistra, da Rutelli a Veltroni, da quelli di destra, Alemanno, ai più recenti, Marino e Raggi, tutti unitariamente accomunati da uno slogan: emergenza freddo, lasciamo aperti i sottopassaggi delle metropolitane. Che vergogna. Sono passati trenta anni, ogni anno è lo stesso anno. Per gli invisibili il tempo si ferma dentro i sottopassaggi delle metro, dove con le correnti di aria, fa più freddo che fuori. Molti non ce la fanno, muoiono congelati prima ancora che qualcuno se ne accorga. E quando se ne accorgono non li vedono, si sono invisibili anche da morti. In questi giorni, di freddo, in ogni città ci sono decine di persone, di fratelli, visibili, che soffrono il freddo, che gemono, che allungano le mani ed allargano le braccia, tremano, battono i denti, eppure nessuno si prende cura di loro.
Nessuno, nessuno accoglie. Solo questo papa, venuto da lontano, che ha scelto di chiamarsi Francesco, come il santo dei poverelli, che si è spogliato dei sui averi ed è corso ad abbracciare i lebbrosi. Solo questo papa, Francesco, unica madre, la grande madre di questa umanità che affama e uccide con le guerre. Solo Francesco non dimentica i sui fratelli, i suoi figli poveri, ultimi della terra, li chiama a se, dona loro la speranza di una vita migliore aprendo le chiese, che non risolvono il problema, ma almeno si sta più caldi. Gli invisibili, per Francesco sono figli di Dio, fratelli del Cristo morto sulla croce e risorto per indicare il cammino di una nuova vita. Gli invisibili sentono freddo. Gli invisibili hanno un’anima e un cuore che pulsa, anche tra i cartoni umidi e l’indifferenza della gente cosiddetta perbene, che la domenica va in chiesa ma poi corrompe o paga tangenti, lucra sugli appalti e non paga le tasse, inquina i fiumi e i mari, chiude le fabbriche e licenzia gli operai. Per questa borghesia finto cattolica, gli invisibili iniziano a togliergli il sonno, perché questo papa, Francesco a scelto loro, donandogli visibilità condannando gli ipocriti che siedono sui primi banchi la domenica.
di Claudio Caldarelli