Cine-pillole del mese che viene del mese che va

1917. Capolavoro. Tutta la modernità tecnica e formale del cinema del presente per un racconto bellico di più d’un secolo fa. Ma il film travalica del tutto il genere di guerra. Esso è solo un pretesto per entrare nell’Inferno sopra la superficie terrestre. Un Inferno, una no man’s land, bruciata, sventrata interamente dagli uomini. Dalla loro smania di potenza, violenza, dominio, di cui la follia militare è solo l’atto finale. Molti lunghi piani sequenza ma non un unico intero piano sequenza pari alla durata di tutto il film. Impressionante una grandiosa sequenza di fuga vertiginosa del protagonista tra le pallottole in uno scenario allucinato da video-game.

Judy. Non ce la fa. Nonostante la bravura prodigiosa dell’attrice protagonista Renée Zellweger di far rivivere voce e movenze di Judy Garland, il film non riesce a decollare. Riprende pari pari l’idea di quello del 2018 Stanlio&Ollio, con i due comici nella fase declinate della loro carriera, in una tournée teatrale in Inghilterra. La stessa cosa che è capitata alla grande cantante americana. Solo che qui non si riesce a toccare la grazia e la verità del primo.

Villetta con ospiti. Non regge proprio. Anche a non volerlo considerare dal punto di vista realistico, ma solo simbolico, i conti di forma e contenuto non tornano in nessun modo. In una cittadina veneta si incrociano le vite di un egocentrico produttore di vino, sua moglie frustrata, la figlia insoddisfatta, un commissario di polizia corrotto, un medico idem, un prete chiacchierato, un ragazzo e sua madre romeni. La villetta dove avviene il fattaccio sembra assurgere al simbolo di una provincia italica, se non addirittura all’intero Paese, dove sono tutti complici, simultaneamente ricattati e ricattatori, corrotti e corruttori. Ma nonostante le presuntuose intenzioni autoriali, il pubblico esce ironicamente incattivito con essi. Certi attori se le poterebbero anche risparmiare simili marchette.

Richard Jewell. Continua la galleria degli antieroi realmente esistiti ma presto dimenticati dagli americani. Qui siamo a un personaggio bulimico fissato con la secutity, ma lasciato ai margini proprio a causa di tale sua fissa. Sventa una strage durante le Olimpiadi di Atlanta del 1966 e da eroe è poi vertiginosamente precipitato nell’infamia di giornali, tv ed FBI di essere stato lui ad aver piazzato la bomba. Clint Eastwood gli restituisce oggi onore e dignità attraverso la grande contro-operazione mediatica rappresentata da questo suo film di alto impegno civile. Notevoli le riprese dei momenti che precedono l’esplosione, con l’ombra che incombe sul divertimento della gente. Ombra gravante non solo sulla sua sicurezza fisica ma soprattutto sulla sua coscienza. E non per mezzo dei terroristi esteri ma degli organi interni di polizia e informazione.

Piccole donne. Alle radici familiari del femminismo. L’opera di Louise May Alcott in una trasposizione cinematografica che rende viva, presente, ossia estremamente attuale l’immagine di queste eroine, che hanno infiammato la lettura di molte generazioni in tutto il mondo dalla fine dell’800 a oggi. Tra passioni artistiche, civili, difficoltà economiche, contrasti, equivoci sentimentali, incomprensioni, quattro sorelle formano i propri caratteri e personalità, incrociandole indipendentemente con le presenze e assenze dei maschi nelle loro vite. Lo sfondo è quello della reale vicenda biografica della Alcott e del suo impegno per l’autonomia femminile. Quando il personaggio di Jo si taglia i capelli per venderli, l’acconciatura e le movenze della giovane attrice Saoirse Ronan sembrano proprio quella di una ragazza di oggi.

Figli. Il monologo I figli invecchiano, recitato in tv da Valerio Mastandrea, era tratto da un articolo dello scomparso sceneggiatore e regista Mattia Torre, che ha fatto in tempo a svilupparlo in copione cinematografico. Arriva oggi sullo schermo come film interpretato dallo stesso Mastandrea e da Paola Cortellesi. Sara e Nicola mettono al mondo un secondo figlio convinti di compiere la scelta giusta in un’Italia con tasso di natalità zero. Anna, la loro figlia di sei anni, è la dimostrazione che ce la faranno anche questa volta a essere dei bravi genitori. La soglia del secondo figlio si dimostra però fatale. Da particolare la vicenda trasla a quella della attuale generazione di quarantenni nella realtà di un Paese che non le offre alcun sostegno. Nei toni dell’italica commedia il dramma sembra funzionare e acchiappare il pubblico.

Ancora in sala.

Herzog incontra Gorbaciov. Lezione di grande documentarismo nel rigore dei contenuti e della forma cinematografica.  Un faccia a faccia tra il regista tedesco e l’ex presidente sovietico sui nodi storici e politici di quel cruciale passaggio epocale segnato dalla caduta del Muro di Berlino, dalla trattativa sul disarmo nucleare con l’America di Ronald Regan, dalla defenestrazione di Gorbaciov e successivo crollo finale dell’Unione Sovietica. Rivelazioni anche inedite o scarsamente conosciute. Ci sarebbe da lamentare un’unica omissione dai parte di entrambi gli interlocutori: quello relativo al cosiddetto scudo spaziale, ossia dello Strategic Defense Initiative, il cui semplice annuncio da parte degli americani modificava di fatto lo schema dell’attacco-contrattacco su cui si basava l’equilibrio tra le due superpotenze nucleari.

Ritratto della giovane in fiamme. Il femminile all’origine dell’immagine. Marianne, una giovane pittrice, è incaricata da una contessa di fare il ritratto per le nozze di sua figlia Héloise. La ragazza, però, rifiuta di farsi ritrarre, soprattutto perché rifiuta matrimonio. Siamo nella Francia del 1770, alla vigilia della Rivoluzione, ma la vicenda ci parla dell’oggi. Héloise, infatti, non rifiuta quel matrimonio particolare ma il matrimonio in quanto tale. È l’affermazione del femminile in sé che ancora oggi è in gioco. Dalla tela di un quadro allo schermo di una sala cinematografica si può ritrarre la profondità che dai pensieri, dai sentimenti sale fino allo sguardo, alle pupille sul mondo di una donna? La regista-autrice Céline Sciamma mette a punto lei un ritratto di avvincente valore narrativo e iconografico.

La famosa invasione degli orsi in Sicilia. Piccola grande opera d’arte in forma di cinema d’animazione. Tratta dall’omonimo racconto del 1945 di Dino Buzzati, il disegnatore Lorenzo Mattotti lavora per sei lunghi anni su figure, volti, colori, inquadrature, movimenti per aprire la strada italiana all’animazione narrativa, sinora dominio incontrastato di giapponesi e americani. Il Re degli Orsi Leonzio, alla ricerca del figlio smarrito Tonio, arriva con tutto il suo folto branco di orsi in Sicilia. Dopo una guerra scatenata dagli uomini contro i plantigradi, si arriva a una pace e a un regno in comune. Anche tra gli orsi però ci sono i malvagi. Trapela da sotto il segno grafico di ogni immagine la profondità di una cultura che va dal design alla pittura contemporanea e che intesse il film di una sublime qualità artistica. Da non mancare.

L’ufficiale e la spia. Rigorosamente classico senza innovazione. RomanPolanski ricostruisce da par suo uno dei più scabrosi casi della storia europea: il caso Dreyfus. Si tratta dell’ufficiale dell’esercito francese ignobilmente accusato nel 1895 di essere una spia del nemico tedesco. Siamo alla radice di quell’antisemitismo che porta neanche mezzo secolo dopo all’orrore della Shoah. Forse proprio la necessità di rimanere totalmente fedeli ai fatti storici ha fatto decidere per il grande impianto narrativo classico senza concessioni alle novità stilistica. Da vedere senz’altro.

The Bra-Il reggipetto. Piccolo delizioso gioiello. Se lo trovate in qualche sala o cineclub della vostra città non lasciatevelo sfuggire. Si rimane incantati. Il treno passa in mezzo alle case di un perduto paesino. Il macchinista si trova un reggiseno sul tergicristallo del locomotore. Sull’orlo della pensione e sofferente di solitudine con l’aiuto di un ragazzino si mette alla ricerca della legittima proprietaria dell’indumento. Paesaggi mai visti, grazia narrativa, e uno struggente, ora anziano Pedrag ‘Miki’ Manojlovic, attore cult di film di Kusturica (Papà è in viaggio d’affari, Underground).

di Riccardo Tavani

 

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