Un nuovo comunismo può salvarci
“Quando ho suggerito che questa epidemia potrebbe dare nuovo slancio vitale al comunismo, la mia tesi, come previsto, è stata messa in ridicolo. Sembra che l’approccio drastico dello stato cinese alla crisi abbia funzionato, o almeno ha funzionato meglio di quello che sta facendo l’Italia (o l’Europa ndr). Ma la vecchia logica autoritaria dei comunisti al potere ha anche dimostrato chiaramente i suoi limiti. Uno di questi limiti è che la paura di dare cattive notizie a chi ha il potere (e all’opinione pubblica) conta più dei risultati: è per questo che i primi ad annunciare il nuovo virus sono stati arrestati”.
Slavoj Zizek il filosofo-sociologo inizia così la riflessione sulla situazione attuale cercando di capire quale soluzione migliore si può applicare per tutelare al meglio i cittadini. La crisi attuale dimostra che la solidarietà e la collaborazione globale sono nell’interesse di tutti, e sono l’unica cosa razionale ed egoista da fare. Gli applausi dei milanesi, ai medici cubani che sbarcavano alla Malpensa, sono il segno evidente che un nuovo comunismo solidale funziona, mentre non funziona il sovranismo, o il razzismo leghista simile, o il trampismo americano. Cuba ha inviato medici, gli USA si sono defilati. Questo apre un nuovo scenario anche in Lombardia governata dagli idolatri del mercato e delle borse. Il collasso lombardo, opera riuscita al celeste Formigoni, che ha ridotto i posti letto degli ospedali pubblici finanziando le cliniche private, è stato arrestato per questo e sta scontando ancora la pena.
Ma intanto in Lombardia la sanità modello Formigoni, cioè forzista, leghista, sovranità, stile America, non funziona. Mostra tutti i suoi limiti etici, morali e logistici. Quindi, la solidarietà cubana, funziona. I medici sbarcando a Milano, portavano il ritratto di Fidel Castro, il guerrigliero, eroe insieme al “Che” della rivoluzione cubana. Questo è il nuovo comunismo che cerca di spiegarci Slavoj Zizek, basato sull’idea della solidarietà umana e sociale, dove la differenza di classe non deve inficiare l’uguaglianza delle cure. “…il 5 marzo il direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus ha dichiarato che sebbene le autorità sanitarie di tutto il mondo siano in grado di combattere con successo la diffusione del virus, l’organizzazione è preoccupata perché in alcuni paesi il livello d’impegno politico non corrisponde al livello della minaccia.
L’epidemia può essere respinta, ma solo con un approccio ad ampio raggio, coordinato e collettivo che impegni l’intero meccanismo dei governi. Si potrebbe aggiungere, continua Slavoj, che questo approccio ad ampio raggio dovrebbe estendersi ben oltre il meccanismo dei singoli governi: dovrebbe andare dalla mobilitazione locale di persone al di fuori del controllo statale a un coordinamento e a una collaborazione internazionali forti ed efficienti. Se migliaia di persone saranno ricoverate in ospedale per problemi respiratori servirà un numero molto superiore di apparecchi per la ventilazione polmonare, e per averlo lo stato dovrebbe intervenire direttamente, come succede in condizioni di guerra quando servono migliaia di fucili, e dovrebbe poter contare sulla collaborazione di altri stati (fino ad oggi gli aiuti all’Italia sono giunti da Cuba, Russia e Cina, paesi che si dicono comunisti ndr).
Come in una campagna militare, le informazioni dovrebbero essere condivise e i piani perfettamente coordinati. Questo è il “comunismo” che secondo me serve oggi. Come ha scritto Will Hutton sul Guardian: oggi una forma di globalizzazione senza regole del libero mercato, con la sua propensione per crisi e pandemie, sta morendo. Però ne nasce un’altra, che riconosce l’interdipendenza e il primato dell’azione collettiva basata sull’evidenza dei fatti.
Quella che ancora predomina è la posizione “ogni paese per se” spiega Hutton, e ci sono divieti nazionali alle esportazioni di prodotti cruciali come le forniture mediche, con paesi che si affidano alle proprie analisi della crisi tra penurie e metodi improvvisati di contenimento. Riprende il filosofo Zizek dicendo che l’epidemia di Covid-19 non dimostra solo i limiti della globalizzazione dei mercati, ma anche quelli ancora più letali del populismo nazionalista che insiste sulla piena sovranità dello stato: è la fine di “Prima l’America” (o qualunque altro paese), perché gli Stati Uniti si possono salvare solo con il coordinamento e la collaborazione globale. Non sono un utopista, prosegue Zizek, non invoco una solidarietà idealizzata tra esseri umani.
Ma la crisi attuale dimostra chiaramente che la solidarietà e la collaborazione globale sono nell’interesse di tutti e di ciascuno di noi, e sono l’unica cosa razionale ed egoista da fare. Un nuovo comunismo può salvarci.
di Claudio Caldarelli