Limite

Recensione di Francesca Mara Tosolini Santelli

Remo Bodei fa una profonda riflessione critica sul concetto di “limite” e su come l’essere umano lo affronta, nelle diverse epoche o circostanze, con l’aiuto della razionalità, della filosofia, della scienza e della fede.

Ogni uomo, in vita, si trova dinnanzi a tanti limiti che, per forza di cose, lo definiscono e lo condizionano, delimitando in un certo senso anche gli orizzonti possibili da sviluppare durante il corso di un’intera esistenza.

Ma questi stessi limiti danno la spinta alla volontà di superamento di logiche circoscritte: “Con un paradosso si è detto che ‘l’uomo è l’essere confinario che non ha confini’, proprio perché nel trovarli, per lo più, li supera”[1].

La considerazione che nasce da questa affermazione non può che essere quella di fermarsi a riflettere se esistano confini che non debbano essere superati o se, al contrario, questa affannosa, e in certi casi esistenziale, ricerca, possa giustificare anche un vero e proprio ripensamento dell’idea stessa del limite.

L’autore analizza come anche i nostri sensi ci pongano in relazione ai limiti, sensi che sono la prima forma con la quale ogni individuo entra in contatto con la realtà e che possono essere modificati dall’educazione, migliorati o sostituiti dalla tecnologia (che in molti casi supera i limiti imposti dalla natura).

Sensi come la vista o l’udito implicano una reciprocità, un rapporto costante con la realtà e con gli altri esseri umani. Il tatto, invece, è un senso privato, perché implicito a sé stessi, infatti nessuno mai potrà provare le stesse emozioni o sensazioni di una persona specifica nel toccare anche la stessa cosa.

In ogni caso, l’uomo è spinto dal desiderio del piacere, o meglio dall’attesa del piacere, che lo porta ad una ricerca costante, attraverso l’immaginazione. Che ci porta però a dire che “ciò che è privo di limiti esiste per noi solo come allusione, sogno d’irraggiungibile attingimento, giacché esso stesso è una forma del nulla”[2].

Anche rispetto alle biotecnologie, l’idea di limite si è molto modificata nel tempo. Infatti, queste nuove scienze hanno superato dei confini che si pensavano impossibili da raggiungere, anche se esistono ancora situazioni estreme, come la morte, su cui non si può intervenire. Ogni civiltà, attraverso le religioni, le credenze popolari, la filosofia, ha elaborato delle strategie per cercare di controllare l’idea del fine vita, esorcizzarla in qualche modo, illudendosi di poter gestire anche l’idea della morte stessa. O, quanto meno, darle un senso, un significato.

Ed anche in questo caso, le paure legate alla morte sono state rimosse attraverso l’immaginazione, nella maggior parte dei casi credendo ad una rinascita, ad una immortalità.

Ma “nell’evitare il pensiero della morte, sfuggiamo in maniera complementare anche alla riflessione sul senso della vita”[3], perché rischiamo di ricondurre tutti i nostri desideri, ciò che in fondo non abbiamo avuto in vita, a dopo la morte stessa e, allo stesso tempo, ci auguriamo che ciò che ci ha reso felici in vita possa continuare dopo la morte.

In molti casi è anche vero, però, che il tentativo di superare i limiti permette di andare oltre il già noto e aumentare il sapere: questo è accaduto, per esempio, per quanto riguarda le grandi scoperte geografiche, che aggirano l’idea del limite e di uno spazio confinato in sé stesso, generando grandi trasformazioni politiche e culturali, ma non solo: “Per effetto delle grandi scoperte geografiche non cambiano unicamente la politica, l’economia e la geografia, ma perfino la matematica, a lungo considerata una scienza solida che non lascia adito a dubbi o a paradossi. Ora, invece, suggestionati dai grandi viaggi di scoperta, anche Stevino, Cavalieri o Galileo cominciano a presentare le loro ricerche come esplorazioni in terra incognita, rischiose e suscettibili di naufragio, avventure che porteranno più tardi al calcolo delle probabilità e all’analisi infinitesimale”[4].

Il limite, quindi, è qualcosa che smuove una volontà di movimento, sia esso concreto e materiale, come per le scoperte geografiche, sia esso mentale.

Si inizia un viaggio per superare le proprie convinzioni anche se, spesso, non si sa cosa si stia cercando, spinti dalla volontà di andare oltre sé stessi. Anche se “proseguendo, si ha, tuttavia, la sensazione di essere diventati all’improvviso capaci di disincagliarci dall’immobilità stagnante di convinzioni che non erano più intimamente condivise, ma che, per semplice inerzia, continuavano vischiosamente a imporsi. Ora, nell’universo simbolico della mente, seppure ancora in forma nebulosa, le idee invece si muovono, si agitano, si rimescolano. Sorgono le prime ipotesi dotate di una certa consistenza, gli abbozzi di progetti in vista della soluzione del problema appena riformulato. Si avverte lo sforzo di uscire da una condizione diventata, nello stesso tempo, esaltante e angosciosa. Esaltante, in quanto si aprono nuove prospettive, si prende coscienza di un incremento di potenza del proprio essere; angosciosa, in quanto si è abbandonata la certezza rassicurante delle convinzioni ripudiate, senza però averne raggiunto delle nuove”[5].

In fondo, oltrepassare questi confini ci permette di analizzare il percorso compiuto e gioire e meravigliarsi del cambiamento, del raggiungimento dell’obiettivo al quale non si sarebbe mai previsto di giungere.

Il superamento di alcuni limiti pone anche l’accento sulla nascita di nuove preoccupazioni o inquietudini. La globalizzazione, ad esempio, è uno tra i principali fenomeni di abbattimento delle barriere, che da un lato dà ampiezza di vedute e allarga gli orizzonti, ma dall’altro incrementa la complessità e la conflittualità tra popoli e persone (basti guardare gli accadimenti legati all’immigrazione).

Anche i mezzi di comunicazione di massa influenzano il concetto di limite, perché mettono facilmente in contatto i singoli con la comunità, in tutto il globo e in tempo reale, cambiando però anche gli orizzonti mentali e affettivi delle persone.

In un contesto come questo il confine diventa perciò provvisorio “si sposta con i soggetti al pari dell’orizzonte, chiude per aprire, è fatto per essere sormontato. Questo è il senso più pregnante della parola «progresso»”[6].

Si può affermare, quindi, che rispetto al passato molti limiti siano stati superati o addirittura cancellati: Bodei sottolinea anche come siano sfumate le differenze tra le età della vita, portando alla scomparsa di molti riti di passaggio, come ad esempio quello dalla giovinezza all’età adulta.

Il tentativo di superamento di alcuni limiti è, però, rischioso: pensiamo, ad esempio, al rispetto per la natura e allo sfruttamento delle risorse del pianeta, situazione che, afferma l’autore, “ha anche abbattuto il tradizionale recinto entro cui i nostri desideri erano stati tenuti a bada e rinchiusi”[7].

Circostanza che ha portato ad una profonda “mutazione antropologica” che incide e trasforma tradizioni millenarie e che si riflette sulla vita di miliardi di persone in tutto il mondo.

Tutto questo porta inevitabilmente a domandarsi quanto gli esseri umani possano sostenere situazioni estreme fino ad arrivare ad una regressione violenta per la difesa della propria sopravvivenza, valicando ogni regola morale o ideale di dignità, fino al punto di metterci gli uni contro gli altri. L’autore si chiede, perciò, se “ci consola, come possibile antidoto, l’invito a inoltrarci in un lungo percorso di «decrescita felice» e di «abbondanza frugale», cercando un risarcimento in eventuali soddisfazioni dovute alla sobria rinuncia al superfluo, all’intensificazione e all’estensione dei vincoli di amicizia, al gusto della convivialità e della lentezza, al piacere della conoscenza, al silenzio o allo spirito del dono e della gratuità”[8].

Forse bisognerebbe pensare di più ad una soddisfazione dei bisogni e dei valori politici di solidarietà piuttosto che ad un conseguimento dei propri desideri privati, obiettivo legittimato dalla chimera di un possibile cambiamento del proprio stato di origine attraverso la scalata delle “vette della piramide sociale” per conseguire “potere, ricchezza, cariche, prestigio o fama. Più a livello della fantasia che della realtà, l’orizzonte dei possibili si è talmente allargato che, fin da bambini, si è incoraggiati a coltivare propositi di successo e illusioni di notorietà”[9].

Ma questa volontà condivisa di vivere nell’illusione di un’apparente ricchezza o nella ricerca di un tempo per sé che esuli dal lavoro per perdersi nel “tempo libero”, può essere interpretata anche come un “reagire emotivamente a un’economia e a un modo di vivere basati sulla crescita indefinita dei bisogni e dei desideri”[10].

Ci troviamo, quindi, a dover scegliere tra ciò che lasciamo indietro, e che quindi conosciamo, e qualcosa di nuovo, da scoprire, che inevitabilmente ci spaventa. La volontà di scoprire davvero se stessi mette in discussione tutta una serie di accadimenti legati agli ideali di perfezione, ma senza dubbio ci permette di avvicinare un altro grado di autonomia personale, costringendo a guardare nel profondo e considerando tutta una serie di scelte che allontanano da situazioni definite ma dolorose o insoddisfacenti.

In fondo, “Gli uomini sono come i fiumi: l’acqua è in tutti uguale e ovunque la stessa, ma ogni fiume è ora stretto, ora rapido, ora ampio, ora tranquillo, ora limpido, ora torbido, ora tiepido. Così anche gli uomini. Ogni uomo reca in sé, in germe, tutte le qualità umane, e talvolta ne manifesta alcune, talvolta altre, e spesso non è affatto simile a sé, pur restando sempre unico e sempre sé stesso”[11].

Credo quindi che, ogni volta ci si trovi di fronte ad un limite da superare, ad una scelta, si debba mantenere viva la riflessione sulle proprie responsabilità nei confronti di sé stessi, degli altri e del mondo. Ogni epoca ha influenzato queste riflessioni. Oggi ci troviamo nella condizione di essere abbastanza liberi per poter affrontare le scelte che riguardano la nostra vita, con le inevitabili ricadute sul contesto che ci circonda. Questo porta all’assunzione di una responsabilità ancora maggiore ma anche, ne sono convinta, ad una soddisfazione più intensa nel momento del traguardo, al di là delle conferme o degli errori.

[1] Remo Bodei, Limite, Il Mulino, Bologna, 2019, pag. 8.

[2] Remo Bodei, Limite, Il Mulino, Bologna, 2019, pag. 19.

[3] Remo Bodei, Limite, Il Mulino, Bologna, 2019, pag. 29.

[4] Remo Bodei, Limite, Il Mulino, Bologna, 2019, pag. 48.

[5] Remo Bodei, Limite, Il Mulino, Bologna, 2019, pag. 64.

[6] Remo Bodei, Limite, Il Mulino, Bologna, 2019, pag. 96.

[7] Remo Bodei, Limite, Il Mulino, Bologna, 2019, pag. 99.

[8] Remo Bodei, Limite, Il Mulino, Bologna, 2019, pag. 107.

[9] Remo Bodei, Limite, Il Mulino, Bologna, 2019, pag. 109.

[10] Remo Bodei, Limite, Il Mulino, Bologna, 2019, pag. 114.

[11] Remo Bodei, Limite, Il Mulino, Bologna, 2019, pag. 119.

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