Non aspettiamoci miracoli

Di fronte alle emergenze, non basta baciare i rosari           

Una delle esperienze più surreali nella visione di certi programmi televisivi, in cui sono intervistati alcuni personaggi politici, è quella di ascoltare le questioni che vengono poste loro e vedere come a queste non segua mai una risposta chiara ed esaustiva: a domande tecniche, segue un pilatesco “…mi rivolgerei agli esperti…” come se questo non fosse il normale modo di operare; alla netta richiesta su quali siano gli obblighi che dovrebbero essere imposti, uno strategico “…gli italiani sanno bene quello che devono fare…”, è l’ennesima risposta utile a non inimicarsi un popolo, restio a seguire le regole; quando venga domandato della violazione delle regole internazionali a tutela dei diritti umani, viene risposto che il proprio compito è la tutela di quelli del nostro popolo (…), per far scordare i principi fondamentali della nostra Costituzione; di fronte alla proposta di un confronto diretto col loro avversario politico, il dirsi sempre disposti salvo altri precedenti impegni, è un astuto modo di sottrarsi ad una chiara esposizione di priorità, metodi e soluzioni, che potrebbe rivelarsi negativo dal punto di vista elettorale; ecc… Di fronte ad un popolo passivamente assuefatto ai facili proclami, non c’è da stupirsi se questo tipo di risposte, intrise di una mancata assunzione di responsabilità, alla fine paghi dal punto di vista elettorale. Ma questi politicanti d’infimo ordine, se dovessero raggiungere realmente il potere, come intenderebbero agire concretamente? Se criticare le scelte della parte avversa è giusto e sacrosanto (magari senza usare argomenti falsi), la critica senza una controproposta concreta, non è seria, né utile a governare un paese e alla lunga può rivelarsi disastrosa. Quindi, criticare un governo che si affidi a degli esperti (come alla fine, farebbero loro stessi), che si assuma l’onere di prendere delle decisioni necessarie (ma impopolari), che non speculi rinviando inutilmente degli sbarchi (giuridicamente inevitabili) davanti a telecamere compiacenti, che sia pronto ad un confronto con cui concordare le scelte comuni (come coi cosiddetti “stati generali”), oltre che assurdo può sembrare soltanto ridicolo. Eppure, politicamente paga.

C’è da chiedersi come sia possibile che un popolo, di fronte ad una qualsiasi emergenza, si affidi a vuoti parolai, incapaci di soluzioni concrete e sempre pronti a schivare un reale assunzione delle proprie responsabilità. Ma la sconfortante risposta non può essere che una sola, cioè che questo tipo di figuri politici rispecchino fedelmente lo spirito di quel popolo, che attenda sempre dall’alto la soluzione (un miracolo…), che preferisca quelli che bacino un rosario, piuttosto che coloro che si rimbocchino le maniche e che agiscano. Premesso che una simile ostentazione del proprio (eventuale) credo, lo reputo solo un altro modo di nascondere la propria mancanza di argomentazioni, mi chiedo se non sia lampante che, di fronte a domanda diretta tutto ciò non c’entri assolutamente nulla, con delle scelte politiche.

Oggi, invece di rispettare chi ci metta la faccia chiedendo di seguire delle scomode misure cautelari, atte a preservare la salute di tutti, viene ancora osannato chi si erga a paladino di un comodo liberalismo, utile solo ad evitare fastidi personali, poiché non implicando rinunce o limiti è ben più gradito. Fondamentalmente è un problema di cultura del lavoro, dell’impegno e della responsabilità, nonché della mancanza di un esercitato spirito critico, che sappia far comprendere la reale scala delle priorità e sappia far distinguere un vero statista, da uno dei tanti inconcludenti parolai. Perché alla fine, la questione fondamentale che si dovrebbe porre ad ogni elettore italiano, dovrebbe essere: “Preferisci chi non ti chieda niente e si affidi ai miracoli, o chi da te pretenda, ma lavori attivamente per il tuo bene?” Ma, da tanto tempo, ad ogni tornata elettorale vediamo la temuta risposta…

di Mario Guido Faloci

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