Un cuore aperto al mondo intero

Mi sono chiesto come si possono leggere i capitoli della “Fratres Omnes” quando a Roma I funerali Robertino, un invisibile, sono stati officiati da due cardinali, un vescovo e dieci sacerdoti e quando il morire di freddo sotto il colonnato di S. Pietro di Edwin, un senzatetto nigeriano di 46 anni, ha fatto dire a Francesco che << San Gregorio Magno dinanzi alla morte per freddo di un mendicante, affermò che quel giorno non si sarebbero celebrate messe perché era come il Venerdì santo>>.

O quando ai nostri giorni, dall’inizio della pandemia, il patrimonio dei primi 10 miliardari del mondo è aumentato di 540 miliardi di dollari. Ai più poveri potrebbero servire 10 anni per recuperare le perdite subite col virus.

Ecco,” il pontefice, in precedenza aveva detto a tutte le donne e gli uomini di buona volontà che si deve puntare a società che integrino tutti, dai migranti nei diversi paesi agli “esiliati occulti”, residenti in borgate, disabili, anziani. E quelle esequie ne sono un esempio.

Ma nel quinto capitolo: “UN CUORE APERTO AL MONDO INTERO, Francesco entra nello specifico, nella concretezza che <<come esseri umani siamo tutti fratelli e sorelle>> e in qualche modo siamo tutti migranti, come la sua stessa famiglia è stata dall’Italia all’Argentina.

E quindi il nostro atteggiamento nei confronti del prossimo è quello di <<accogliere, proteggere, promuovere e integrare>>.

Viene da pensare, come un seme che comincia a germogliare, all’atteggiamento di Biden, il nuovo presidente USA, che dopo il razzismo del suo predecessore ha aperto le porte al ricongiungimento delle famiglie, allo smantellamento del muro tra USA e Messico. Ma anche, in contrapposizione, a come gli egoismi possono continuare, alla lentezza con cui in Europa si affronta il problema, ai migranti ricacciati oltre confine in Bosnia, a piedi nudi nella neve.

Siamo tutti fratelli e sorelle; e tutti quindi hanno diritto alla piena cittadinanza, ed è quindi il momento di dare vita <<ad una legislazione (governance)  globale per le migrazioni>>.

Essa deve essere non solo il fondamento per i diritti delle persone, ma anche il dono di un incontro di culture diverse <<che hanno prodotto la loro ricchezza nel corso dei secoli e devono essere preservate perché il mondo non si impoverisca. Così, ad esempio, la cultura dei latini è <<un fermento di valori e possibilità che può fare tanto bene agli Stati Uniti>>

E nel mondo di oggi, così interconnesso per la globalizzazione, abbiamo bisogno che un ordinamento mondiale giuridico, politico ed economico <<incrementi e orienti la collaborazione internazionale verso lo sviluppo solidale di tutti i popoli>>.

E questo significa, non ha peli sulla lingua Francesco, che si conceda <<anche alle Nazioni più povere una voce efficace nelle decisioni comuni>>.

Per giustizia, gli stessi principi dovrebbero essere applicati nelle relazioni e l’interscambio tra i Paesi, in particolare per i paesi poveri nei confronti dei paesi ricchi che li hanno sfruttati.

Non c’è alternativa. I diversi paesi del mondo devono avere la capacità di pensare a se stessi non solo come Paese, ma anche come famiglia umana.

E così si eliminano i nazionalismi chiusi, e la loro errata persuasione <<di potersi sviluppare a margine della rovina altrui>>, arrivando anche a pensare ingenuamente <<che i poveri sono pericolosi o inutili e che i potenti sono generosi benefattori>>.

E Francesco torna anche al fondamento della proprietà, che è diritto positivo quando <<custodisco e coltivo qualcosa che possiedo in modo che possa essere un contributo al bene di tutti>>. Viene da riflettere, al riguardo, sull’occasione che dalla pandemia poteva essere colta, con i produttori di vaccini per una volta senza pensare al profitto e assicurando la protezione a tutti i cittadini del mondo.

Ma questa visione della società più giusta, più umana, più solidale non può essere l’espressione di un’unica forma culturale imperante, ma una sintesi con <<le altre culture che non sono nemici da cui bisogna difendersi, ma sono riflessi differenti della ricchezza inesauribile della vita umana>>.

Ecco, conclude Francesco, il cuore aperto al mondo significa guardare sé stessi dal punto di vista dell’altro, di chi è diverso. Così <<ciascuno può riconoscere meglio la peculiarità della propria persona e della propria cultura: le ricchezze, le possibilità e i limiti>>.

E tutto questo tra persone, tra comunità locali, tra stati. Perché nessuna aggregazione isolata è in grado di assicurare il bene comune dei propri componenti.

di Carlo  Faloci

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