Lunga vita all’unità degli agricoltori

E’ questo uno degli slogan usati dai contadini indiani che da mesi scioperano contro le nuove leggi sull’agricoltura emanate il 27 settembre 2020 dal Governo indiano, fortemente volute dal primo Ministro Narendra Modi e sostenute dai grandi gruppi alimentari il cui principale interesse è sottrarre la terra ai contadini attraverso processi espropriativi conseguenti all’indebitamento a cui sono costretti i piccoli possidenti terrieri.

Le tre leggi che hanno stravolto il sistema, già di per sé precario, su cui si regge l’agricoltura In India mirano principalmente a liberalizzare il prezzo dei prodotti e a svincolare la loro vendita dalle restrizioni ad oggi vigenti e che prevedono un mercato locale controllato. Il Governo infatti ne acquista una quantità prestabilita dai piccoli contadini dai numerosi APCM (Comitati per il mercato dei prodotti agricoli) che poi rivende ad un prezzo calmierato alle famiglie che si trovano sotto la soglia di povertà. Con la riforma verrebbe meno questa restrizione e si potrebbe vendere fuori dal proprio APCM in un sistema di concorrenza al ribasso che metterebbe sul lastrico i contadini più deboli. Questi sono quelli che si sono più indebitati o che hanno subito i danni della siccità o di uno scarso raccolto. Nel 2019 più di diecimila contadini si sono tolti la vita per questi motivi. Le loro donne ora sono scese in piazza. Quest’ultime infatti difficilmente sono proprietarie di terre, anche se l’ultimo censimento agricolo rivela che quasi il 73% di esse, in ambito rurale, svolge attività agricole. Le donne non possono accedere a sussidi, benefici e tutele, hanno salari più bassi e, rimando vedove, non riescono ad ottenere la proprietà della terra. Si teme quindi la concorrenza spietata, l’accentuarsi dello sfruttamento e l’inevitabile consegna delle terre ai grandi nomi dell’agro-business.

Per questo, il 26 novembre, sono arrivati decine di migliaia di manifestanti  nella capitale e ne hanno bloccato le principali vie di accesso con trattori, camion e accampamenti improvvisati. A poco è  valso che la Corte Suprema dell’India, il 12 gennaio, bloccasse le tre leggi per verificarne la validità costituzionale. Il 26 gennaio, davanti al mantenimento della linea dura governativa, in occasione della Festa della Costituzione, lo sciopero si è ingigantito fino a coinvolgere più di 250 milioni di persone.  Il Governo di Modi ha risposto con cannoni ad acqua e lacrimogeni, gli scontri sono diventati violenti, circa 500 i feriti e almeno un morto. Le manifestazioni, organizzate e coadiuvate da decine di confederazioni sindacali, non si sono fermate, anzi, i sindacati hanno dichiarato che se non verrà ascoltata la voce dei contadini, le lotte si faranno molto più intense”.

Il tener duro dei contadini, l’intransigenza del Governo, l’enorme onda umana che si è riversata su Nuova Delhi, paralizzandola, ha generato un effetto mediatico a livello mondiale. I contadini indiani hanno obbligato il resto del mondo ad ascoltare il loro grido. A loro si sono aggiunti nomi dello star system e la  giovane attivista Greta Thunberg. 

Lunga vita all’unità degli agricoltori.

di Nicoletta Iommi

 

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