La street artist Laika racconta con i suoi poster le condizioni dei migranti

La Street Artist italiana Laika questa settimana si è recata al confine tra Bosnia e Croazia, nelle località di Lipa, Bihac e Velika Kladusa, nel Cantone dell’Una Sana, per raccontare, attraverso i suoi poster, le condizioni in cui versano i migranti.

La rotta Balcanica parte dalla Turchia, attraversa i Paesi della ex Jugoslavia e termina, solitamente, in Germania. Una rotta impervia, piena di ostacoli spesso mortali, tanto da spingere i migranti a chiamare il suo attraversamento “the game”: un gioco che un gioco non è e che, come accade in un videogioco, è pieno di prove da superare, come fili spinati, barriere, droni, polizia e altro ancora. Un gioco che spesso blocca i migranti per anni, in quella sorta di limbo, nel tentativo di inseguire una vita migliore.

“Ho voluto vedere con i miei occhi quali fossero le condizioni di migliaia di persone bloccate alle porte dell’Europa. Freddo, scarsità di cibo ed acqua, violenza da parte della polizia ogni volta che si prova ad entrare in Croazia: è questa la terribile routine dei migranti sulla rotta balcanica. Non c’è nulla di umano nel vivere così.

Ho incontrato persone incastrate in questo inferno da anni, che continuano a combattere per il proprio futuro e per quello della loro famiglia. Uomini e donne provenienti dalle più diverse regioni del pianeta le cui storie devono essere raccontate”, ha dichiarato l’artista.

La serie di poster è stata affissa in alcuni luoghi simbolici che rappresentano la vita dei migranti come: i rifugi di fortuna nei quali abitano, i boschi di frontiera dove tentano il ‘game’, il campo di Lipa e nei pressi del campo Miral.

Le opere di Laika sono un monito all’Unione Europea e chiedono poche cose ma nette: accogliere queste persone e garantire loro delle condizioni di vita umane, punire e fermare la violenza di quegli stati europei che si accaniscono sui corpi di questa gente e, soprattutto, stroncare la rete del traffico di esseri umani.

Le quattro opere realizzate raffigurano: un uomo di spalle con la schiena sfregiata dalle botte della polizia di frontiera, le cui cicatrici formano le lettere EU; un bambino con le lacrime congelate; una donna che chiede aiuto alla Von der Leyen che però sembra non ascoltare; una bambina che salta con una corda di filo spinato.

Sono opere dal forte impatto emotivo.

Onore a questa donna forte e determinata che con l’arte vuole lanciare messaggi di pace ma soprattutto si adopera affinché certe storie vengano raccontate e che ci sia poi qualcuno disposto ad ascoltarle. E infatti finiamo proprio con le parole dell’artista, con la sua voce tremante di rabbia e coraggio, di emozioni e limpida generosità, con il suo cuore pulsante di vita.

Le parole di Laika suonano più come una sentenza, le sa colorare come i suoi poster, le sa rendere a tratti leggere e a tratti taglienti, lei che sa come comunicare con l’arte non si lascia sfuggire questo monito.

“Noi cittadini europei non possiamo accettare che questa violazione dei diritti umani accada deliberatamente. Lasciar che ciò accada significa essere complici di una violenza che non appartiene ai valori comunitari. Una forte presa di posizione farebbe guarire quelle dolorose cicatrici. A rimanere in silenzio, invece, si diventa complici” ha concluso l’artista.

Una sentenza senza appello non solo per l’Unione Europea ma per tutti noi, cittadini spesso senza occhi e senza voce.

Se potete guardateli quei poster, avrete un brivido e forse un germoglio di ritrovata umanità.

di Stefania Lastoria